Omelie  di Quaresima  

 

a cura di don Carlo Salvador

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13.02.05   QUARESIMA 1 A 2005

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20.02.05   QUARESIMA 2 A 2005

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27.02.05   QUARESIMA 3 A 2005

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06.03.05   QUARESIMA 4 A 2005 scarica il file in formato Word
13.03.05   QUARESIMA 5 A 2005 scarica il file in formato Word

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QUARESIMA  1  A  2005

Omelia tenuta dal diacono Elio Tardivo

 

Il racconto del peccato originale, che abbiamo ascoltato nella prima lettura, ci presenta Adamo nella situazione in cui deve scegliere Dio creatore, di cui è immagine, o se stesso al suo posto. La scelta è libera e gli viene data come prova. Ma con l’intervento di satana, seduttore bugiardo, la prova diventa tentazione. L’uomo ascolta il diavolo e sceglie la propria solitudine. Ingannato, invece di trovare la vita, trova la propria nudità e la morte. Con l’esperienza della prova, Dio ci coinvolge e ci interroga. Noi liberamente mettiamo in gioco la nostra esistenza scegliendo la sua promessa o le certezze umane. La prova esiste perché Dio ci ha eletti e ci ha chiamati a partecipare alla vita divina. Dopo il peccato originale, il deserto diventa luogo di elezione, dove Dio ricostruisce l’alleanza e sposa Israele. Nel deserto Dio trasforma  uomini erranti in un popolo al quale manifesta la sua tenerezza. Nel deserto il popolo fa esperienza di intimità e di amore con Dio. Su questo amore riposa tutta la storia di Israele. Ma il deserto è anche il luogo della prova. E’ una terra che Dio non ha benedetto e che contrasta con il giardino del paradiso. Manca l’acqua e la vegetazione, la vita è impossibile. E’ una terra sterile, dove è presente il demonio. Dio fa passare Israele da questo luogo desolato per metterlo alla prova. La tentazione vissuta per quarant’anni è il non credere al Dio della Pasqua e il preferire gli idoli e le cipolle d’Egitto. E’ non accettare Dio come liberatore e preferire le sicurezze di ieri a un Dio incerto. Dio non considera il deserto un luogo in cui rimanere per viverci. E’ una via che egli sceglie espressamente per condurre Israele  verso la  terra promessa. Gesù è portato dallo Spirito nel deserto per un preciso piano di Dio. L’andare nel deserto esprime la sua solidarietà con la storia dell’uomo. Qui trova la tentazione, ma anche, nella preghiera, l’intimità con il Padre.

Matteo, Marco e Luca raccontano le tentazioni subito dopo l’evento del battesimo nel Giordano. Al Giordano ci fu l’effusione dello Spirito Santo e la solenne investitura per iniziare l’opera della redenzione. Gesù venne chiamato a percorrere un duro cammino di Servo sofferente, una via di umiliazione e di abbassamento per compiere la giustizia che il Padre gli ha indicato. Qui nel deserto, il diavolo gli prospetta una missione più facile, fatta di onori umani e di vantaggi terreni per cercare di dividerlo dalla volontà del Padre. Ma, a differenza di Adamo e degli ebrei nel deserto, Gesù preferisce la parola di Dio al pane, la fedeltà nella sofferenza all’esibizionismo miracoloso, il Regno di Dio al regno terreno. Gesù sceglie il Padre. Questa scelta gli vale la vittoria definitiva sul diavolo e sulla morte. Egli è il Figlio primogenito nel quale si compie il destino di Israele. In lui tutte le generazioni vedono realizzarsi la promessa di Dio.

La simbologia del deserto esprime la condizione della Chiesa. Viviamo nel deserto fino al ritorno di Cristo. Qui siamo messi alla prova sulla nostra fedeltà al Vangelo. Qui siamo tentati dalla potenza di satana. Le tentazioni sono le stesse di Gesù:

- La tentazione di  vivere una vita magari onesta, ma solo umana, ignorando la comunione con Dio, l’ascolto della sua Parola e la risposta alla sua chiamata.

-  La tentazione di cercare una  religione facile e appagante anziché accettare come vocazione il disegno del Padre nella durezza della vita.

- La tentazione di restare attaccati alla  terra, alla ricchezza, al potere per dominare sugli altri, anziché considerarci popolo in cammino solidale e fraterno.

Cristo ha  inaugurato un tempo nuovo. Battezzati nell’acqua e nello Spirito e nutriti con il pane della vita, siamo diventati sue membra vive. Non siamo soli nella tentazione. Paolo nella seconda lettura ci ricorda che Cristo ha fatto molto di più che guarirci dal peccato originale, ci ha dato la grazia di diventare in lui figli di Dio. Questa condizione ci dà la certezza di vincere la tentazione. Il tempo quaresimale è un esperienza particolare di deserto in cui siamo invitati ad un ascolto più assiduo della Parola di Dio e ad una preghiera più frequente. E’ un tempo che ci stimola al distacco dai beni terreni per praticare più assiduamente la carità. In questo itinerario verso la pasqua, la comunità dei credenti rivive la memoria del proprio battesimo e rinnova gli impegni di fedeltà al suo Signore; si riconosce peccatrice ed è disposta ad accogliere il perdono del Padre.

Cristo consacrò il tempo penitenziale con il digiuno e ci insegnò a dominare le seduzioni del male, per farci risorgere con lui. Con questa consapevolezza, ci disponiamo ora ad offrire al Padre il sacrificio di nostro Signore e con lui anche la nostra vita.

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QUARESIMA  2  A  2005

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L’evento che celebriamo è collocato dalla Parola in contesto di movimento e direi di dispersione. Le persone chiamate da Dio non raggiungono la promessa in questa vita ma, come il lievito si disperde nella pasta, essi si disperdono nella storia successiva.

Esci dalla tua terra e dalla tua parentela e dalla casa si tuo padre verso la terra che ti mostrerò… E partì Abramo, come gli aveva ordinato il Signore. Arriva alla terra?

Arriverà la sua discendenza e lui in essa. Anche la vita di Mosè è tutta in cammino verso una terra promessa da Dio. Vi arriverà un resto del suo popolo e lui in esso. Il profeta Elia, scoraggiato dalle difficoltà che incontrava, dopo aver mangiato il pane del Signore, cammina  40 giorni e 40 notti verso il monte di Dio, l’Oreb o Sinai, dove incontra, come Mosè, il Dio dell’alleanza. Vede il compimento della sua profezia? Egli lascia il suo spirito in eredità ad Eliseo e continua nella sua profezia. La vita di Gesù è un cammino verso Gerusalemme, l’altura dove si compie il suo destino di morte e di risurrezione.

In realtà Gesù continua nel cammino della Chiesa fino alla fine dei tempi, vive cioè entro il suo nuovo corpo che è la Chiesa. E i discepoli camminano dietro a Gesù e nella missione in cui egli li invia. Arrivano a compiere la loro opera?

Essi vivono dispersi nella missione della Chiesa, che continuerà fino alla fine dei tempi.

La chiamata dunque segna il cammino con Dio che si concluderà quando e come Dio disporrà. Tutto questo ci dice come deve essere la spiritualità cristiana. La fede non dà certezze; i catechismi fanno conoscere la chiamata di Dio e la sua promessa; essa però si avvera nella fede e nell’obbedienza. La definizione delle verità di fede ha carattere teologico ma la verità non vive nelle parole ma cammina o si perde con la vita; vive nella spiritualità. Si può credere a tutte le verità di fede e non vivere nella verità.

E’ lo Spirito santo che educa a raggiungere la verità tutta intera, aiutandoci a dare la risposta giusta alla chiamata di Dio che si compie solo quando lui vuole. La vita spirituale è vita affidata alla Spirito.

Il cristiano rifugge dal consumismo religioso, dalla pretesa che la religione sia gratificante o evidente o che il vangelo si possa vedere realizzato, senza il crepuscolo e la dispersione della propria vita. Paolo esorta: soffri anche tu insieme con me per il vangelo, aiutato dalla forza di Dio. La fede è una luce che illumina i nostri passi, perché non veniamo meno, quando pregare è arido, quando i nostri ideali si frantumano e i progetti, anche quelli benedetti da Dio, si spezzano, e quando terribili eventi naturali o decisi dalla violenza degli uomini rovesciano tutte le nostre aspettative di vita. Se in questi momenti dubitiamo di Dio non abbiamo la spiritualità cristiana. La quaresima è qui per educarci.

Chi sono i protagonisti della pagina evangelica? Chi fa esegeti o omelie sosta più volentieri davanti alla trasfigurazione di Gesù tra Mosè ed Elia. In realtà tutto l’evento è ordinato ai tre discepoli: Pietro, Giacomo e Giovanni. Il testo dice che Gesù li prende e li conduce su un alto monte, che si trasfigura per loro e che a loro appaiono Mosè ed Elia.

La nube avvolge i discepoli nell’ombra e a loro parla la voce dal cielo accreditando Gesù come il figlio di Dio, l’amato. La Parola provoca la caduta dei discepoli con la faccia a terra, suscita in loro grande timore, li impegna a seguire Gesù che affronta la passione.

La trasfigurazione quindi è un evento pedagogico e accade per educare i discepoli; non perché contemplino Gesù ma perché comprendano la testimonianza di Gesù e lo seguano nella missione. La scena infatti rimanda all’alleanza antica testimoniata dalla presenza di Mosè ed Elia, la legge e i profeti, ma rimanda anche alla futura alleanza sancita nel sangue di Cristo. I discepoli sono consegnati al silenzio; non capiscono e non annunciano l’evento fino alla risurrezione di Gesù. L’alleanza quindi ha bisogno di Gesù risorto. L’alleanza  è unica e noi siamo i discepoli chiamati a prenderla in consegna e a disperderci in essa come coloro che ci hanno preceduto, continuando a navigare nel fiume della storia della salvezza. Un giorno Dio deciderà di farlo sfociare in cieli e terra nuovi e di donarci la promessa compiuta, perché la possiamo godere.

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QUARESIMA  3  A  2005

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In primo piano oggi c’è il pozzo scavato da Giacobbe in una terra arida, una sorgente d’acqua in profondità cui attingere per placare la sete di uomini, bestiame e vegetazione.

Questa sorgente è un dono che Giacobbe fa ai suoi figli e alle generazioni successive.

E’ mezzogiorno quando Gesù, stanco del cammino e assetato, siede su questo pozzo.

Non ha un secchio e attende qualcuno che venga ad attingere per chiedergli l’acqua. Avviene un passaggio di significato. C’è un’acqua a disposizione di coloro che attingono e c’è un’acqua che bisogna chiedere e donare, cioè che dipende dalle relazioni umane. Dammi da bere, dice Gesù alla prima persona venuta ad attingere, una donna samaritana. Nascono le difficoltà relazionali. Un uomo chiede a una donna sconosciuta, quando tra uomo e donna non c’era dialogo; un giudeo chiede a una samaritana, quando tra giudei e samaritani le relazioni erano ostili. Di fronte a queste difficoltà Gesù alza la posta, dicendo che c’è un’acqua donata da Dio; che lui la possiede e la samaritana dovrebbe chiederla a lui. Sorgono altre difficoltà. Quale acqua possiede Gesù se chiede lui stesso da bere? Gesù dice che la sua è l’acqua viva. Che cosa significa? Una luce viene dal profeta Geremia. Il mio popolo ha abbandonato me, sorgente d’acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne incrinate, che non contengono acqua (2,13); Chi si allontana da te, Signore, sarà scritto sulla polvere, perché ha abbandonato il Signore, sorgente di acqua viva (17,13). L’acqua viva è Dio che può rispondere all’attesa di vita del popolo.

Il messaggio profetico non è facile da accogliere e da vivere. Nella prima lettura si legge che il popolo nel deserto mormorava contro Mosè per la mancanza di acqua. Diceva: Dio ci ha fatto uscire dall’Egitto per farci morire nel deserto! Mosè, su invito di Dio e sotto gli occhi degli anziani di Israele, colpisce la roccia e ne esce l’acqua che disseta.

Israele impara a credere che il Signore risponde alle sue attese.

Il vangelo interpella anche noi come il popolo nel deserto e la samaritana. Abbiamo questa fiducia in Dio nelle difficoltà?

Quando qualcuno ci chiede aiuto ci dà fiducia in noi stessi, perché sperimentiamo che la nostra vita è utile a qualcuno. C’è nel nostro cuore una sete profonda che Dio sa saziare. Impariamo a chiedere quando abbiamo sete  di Dio e a rispondere a chi ha sete di Dio.

La parrocchia dovrebbe essere una comunità che sa parlare di Dio.

La diversità fra l’acqua del pozzo e quella di Gesù è la diversità tra il provvisorio e l’eterno. Molte volte siamo feriti per la mancanza dell’umano e non facciamo spazio a Dio che vorrebbe darci l’eterno. Ci manca una relazione eppure ci sono tante altre relazioni belle possibili nel Signore. Quanto è importante essere una comunità cristiana che coltiva relazioni di amicizia feconde, con attenzione a chi è ferito nella sua umanità.

Gesù dice: l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua zampillante per la vita eterna. Dio fa di noi un pozzo, acqua che disseta e genera vita eterna per noi e per gli altri, così che partecipiamo alla missione di Gesù che dona la vita eterna.

Gesù si dimostra profeta alla samaritana, e lei gli presenta il solito problema religioso. Siamo divisi: i giudei adorano a Gerusalemme, i samaritani adorano sul monte, dove c’è il loro tempio. Chi ha ragione? E’ la domanda di chi non vuole capire in profondità e se la cava incolpando gli altri. Le divisioni non devono scandalizzare ma interpellarci a cercare la verità. Gesù risponde: non ci sono piccole proprietà religiose private.

Adora Dio chi lo adora nella verità e si lascia condurre dallo Spirito. E’ l’economia cristiana. Si adora il Padre per mezzo di Gesù, la verità, nella forza dello Spirito.

Vi ho presentato qualche provocazione che viene da questa bella pagina di Giovanni.

La parrocchia segue l’insegnamento e la prassi di Gesù; interpella le persone nelle omelie, nelle iniziative pastorali rivolte a tutti quelli che incontra. La salvezza è per chi ha sete di Dio e lo cerca; è in una comunità che parla di Dio, che coltiva amicizie e che prega. Chi si ferma di fronte alle difficoltà non arriva all’acqua viva.

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QUARESIMA  4  A  2005

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Domenica scorsa Giovanni ha presentato Cristo come acqua viva che disseta.

Oggi lo presenta come luce che illumina. La notte di pasqua riproporrà la vita cristiana come glorioso migrare alla luce di Cristo, raffigurato nel cero pasquale, come rinascere dall’acqua e dallo Spirito e come divenire un solo corpo in Cristo, pane di vita.

La vita cristiana è crescere in Cristo nella potenza dello Spirito santo fino alla pienezza.

La parola che abbiamo ascoltato evidenzia le tappe di questa esperienza spirituale.

o       La coscienza di essere ciechi e mendicanti visitati da Dio.

Davide era il più piccolo degli otto  figli che Iesse aveva presentato al profeta Samuele.

Il Signore lo sceglie e lo unge e lo accompagna e sarà un re grande e amato da Israele.

Il cieco guarito esprime la sua esperienza con queste parole: prima ero cieco ora ci vedo.

Egli è cosciente di aver avuto dal Signore la vista, che nessuno gli avrebbe potuto dare.

I farisei invece rivendicano di essere discepoli di Mosè a cui ha parlato Dio. Presumono che Mosè abbia già tutta la verità; rifiutano ogni altra luce e quindi non crescono.

La presunzione fa credere che per essere già salvi basta essere fedeli alle tradizioni del passato e a pratiche religiose che rassicurano. Ciò invece allontana da Dio, che continua a portare a compimento quello che ha iniziato, in Gesù per opera dello Spirito.

La religiosità dei farisei è presentata da Gesù come peccato. La virtù base della vita spirituale è riconoscere di non poter raggiungere il proprio bisogno di vita senza Dio.

E’ il primo nodo da tenere sempre sciolto per vivere una vita secondo lo Spirito.

o       L’incontro con Gesù, la luce vera, quella che illumina ogni uomo.

Egli apre gli occhi al cieco nato spalmandoli con fango e lo manda a lavarsi.

Avviene a lui come a Adamo tratto dal fango e fatto essere vivente, avviene una nuova creazione attraverso l’acqua della piscina di Siloe, l’acqua che risana e trasforma.

Il cieco infatti nasce di nuovo perché vive in modo nuovo la sua vita personale e le relazioni con Dio, con gli uomini e con il creato. Non vive da cieco né da mendicante.

Gesù lo incontra di nuovo dopo che è stato espulso dalla sinagoga e lo porta alla fede.

Come dice il prologo del vangelo giovanneo Gesù dà il potere di diventare figli di Dio a quanti credono nel suo nome. Essi nascono dall’alto e vedono la vita con gli occhi di Dio. Quando Dio interviene fa vedere la vita con altri occhi, come possibilità di crescita.

I farisei invece si pongono in antitesi con Dio. Il nostro Dio è il Dio di Gesù Cristo.

E’ il secondo nodo da tener sciolto per una vita spirituale: essere in comunione con Gesù, perché lo Spirito può operare in noi solo quello che è di Gesù.

o       Una vita da illuminati e da consacrati.

La fede non sta nell’abbandonare la vita presente, perché è circondata dalle banalità o dal male, per abbracciarne un’altra tutta spirituale; la fede è luce che illumina l’unica vita che ci è donata, in modo da farci vedere il lato prezioso che contiene; la grazia lo fa emergere e noi possiamo viverla bene anche se siamo circondati da banalità e dal male.

Il cieco guarito non ha abbandonato la vita di prima ma l’ha vissuta con un sentire nuovo.

E’ questo il terzo nodo da tenere sciolto: Dio ci dona sempre qualcosa di prezioso per vivere con impegno e con gioia. L’azione di Gesù apre sempre un confronto nella libertà. Alcuni scoprono l’amore che è dialogo di due libertà, altri si perdono nel loro passato. C’è una cosa difficile da ammettere. Anche nella chiesa di oggi ci sono i farisei che si oppongono a Dio in nome delle loro verità. La Chiesa ci porta a Cristo ma, una volta che l’abbiamo incontrato, sta a noi lasciarci trasformare da lui, anche se i moderni farisei nella Chiesa pretendono di giudicarci e di escluderci dalla comunità ecclesiale.

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QUARESIMA  5  A  2005

 

Siamo ormai vicini alla pasqua. Giovanni ci conduce a scoprire chi è quel Gesù che a Pasqua incontreremo risorto. Abbiamo già visto che egli è acqua viva in noi che zampilla per la vita eterna e luce che dona a noi di vedere e quindi di dare il senso vero al vivere. Oggi Giovanni ci presenta Gesù di fronte alla morte. E’ il tema decisivo per noi ed anche per Dio, perché manifesta l’azione risolutiva della storia della salvezza.

Le Scritture affermano, come oggi fa Ezechiele, che Dio aprirà le tombe e risusciterà il suo popolo dalla morte, donandogli il suo stesso Spirito, perché possa rivivere.

Paolo ci insegna che la nostra risurrezione è legata a quella di Gesù: lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in noi e darà vita anche ai nostri corpi mortali.

Come può accadere? Ci fermiamo a tre riflessioni.

o       Marta dice a Gesù: Signore, se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto.

La presenza di Dio accanto a noi non è compatibile con la morte. Dio non vuole la morte ma la vita. La morte deturpa l’uomo che Dio ha creato molto bello; essa è anti-creazione. Gesù nell’agonia prega intensamente: Padre, se vuoi, allontana da me questo calice.

Sulla croce prega: Dio mio, perché mi hai abbandonato? Il Padre è alleato di Gesù contro la morte, ma si allontana anche da lui, perché è stato fatto peccato per noi.

Gesù non offre al Padre le sue sofferenze ma l’amore con cui ha assunto la sua vita, comprese la sofferenza e la morte, amore fino alla fine per il Padre e per gli uomini. Nella croce Gesù non offre la sofferenza ma l’amore. La vita ha senso sacrificale in tutti i suoi momenti, anche in quelli di gioia, quando diventa donazione e amore.

Accanto a Marta e Maria e a Lazzaro già morto, Gesù è segno di Dio che non convive con la morte o con il peccato ma chiama l’uomo alla vita. Gesù chiama Lazzaro alla vita di prima, perché sia segno della gloria di Dio di fronte ai fratelli. Il Padre chiama Gesù alla vita risorta immortale, perché sia speranza per tutti quelli che muoiono nel Signore.

o       Gesù rivela a Marta: io sono la risurrezione e la vita.

Dice ciò che solo Dio può dire di se stesso; dice di essere vita di tutti e non morte.

Rivela anche di essere venuto perché l’uomo superi con lui l’ultima barriera, la morte.

Se non superiamo questa barriera tutto il lavoro precedente di Dio diventa vano; se la superiamo non ci sono più ostacoli alla salvezza, perché entriamo nella creazione nuova in cui il demonio non ha più potere e viviamo la pace, liberi dal dolore e dalla morte.

Sarebbe qui opportuna una riflessione sul libro dell’Apocalisse che rivela l’evento che sostiene la storia: Ecco io faccio nuove tutte le cose. E’ la sola espressione che pronuncia colui che siede sul trono e rivela la struttura dialogica e diabolica del cosmo.

Il cosmo si edifica διά-λόγος, nella Parola e muore διά-βολος, nella divisione da Dio.

Nel dialogo con Dio noi superiamo la struttura diabolica che porta morte e ci liberiamo dalle cose vecchie. La storia prende valore non dal passato ma da Gesù, risurrezione e vita. Il Dio del passato non c’è più, e se noi lo manteniamo vivo diventa un idolo.

La salvezza viene dal futuro, da colui che viene dalla risurrezione a darci la vita nella Parola, nei sacramenti e nella carità, che fa di noi un solo corpo, il suo stesso corpo.

o       Gesù dice: chi crede in me, anche se muore, vivrà.

La vita eterna non è solo la vita dopo la morte ma è la qualità pasquale della vita di chi crede in Gesù. E’ una vita piena secondo lo Spirito che abita in noi, come scrive Paolo.

Nell’eucaristia Gesù non offre la sofferenza ma se stesso risorto dalla morte e vivo.

Anche noi oggi offriamo la nostra via pasquale e la nostra obbedienza, perché venga la pasqua cristiana per tutti e la salvezza fiorisca nella creazione che la attende.

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Pagina a cura del gruppo internet della Parrocchia dell'Annunciazione di Campolongo in Conegliano (TV)