3 LA VITA ECCLESIALE ATTUALE

 

3.1  Le relazioni entro la comunità                            

3.2  La pratica religiosa  

3.3  La catechesi      

      3.3.1  La catechesi degli adulti   

      3.3.2  La catechesi dei giovani dopo i quindici anni                       

      3.3.3  La catechesi dei fanciulli e dei ragazzi fino ai quindici anni         

3.4  La celebrazione

      3.4.1  La celebrazione dei sacramenti

      3.4.2  La preghiera

3.5  La carità

      3.5.1  Gli obbiettivi

      3.5.2  La parrocchia come comunione

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Parrocchia dell'Annunciazione a Maria Vergine

Campolongo di Conegliano (TV)

3   LA  VITA  ECCLESIALE  ATTUALE

 

Il regno di Dio richiede continuo impegno per adeguare la pastorale al suo progressivo manifestarsi nella Chiesa e nel mondo.

Luci e ombre della vita ecclesiale a Campolongo.

 

3.1   Le relazioni entro la comunità

Molti oggi attribuiscono alla parrocchia un ruolo formale e stabiliscono con essa una relazione provvisoria.

La incontrano in occasione della domanda dei sacramenti e dei funerali, la trattano quasi come un distributore automatico di prodotti di consumo e pretendono tutto, subito e talora in offerta speciale.

Alcuni non sentono di appartenere alla parrocchia in cui abitano ma si rivolgono dove capita, dove è più comodo o meno impegnativo.

Anche i praticanti talora hanno con la comunità una relazione precaria, quando la loro pratica cristiana non è inserita nel cammino comune e quando provocano divisioni all’interno della comunità.

In questo modo la comunità esperimenta la vita comunitaria come peso e causa di conflitto e scoraggia i lontani ad avvicinarsi ad essa.

Nella nostra parrocchia esiste comunque il desiderio di vivere esperienze positive, la ricerca di un modo più autentico di essere Chiesa e l’impegno per una partecipazione personale alla vita della comunità.

La pastorale appartiene a tutta la comunità e la sua forza dipende, oltre che dallo Spirito Santo, dalla capacità di stare insieme dei credenti.

L’impegno missionario ha bisogno di una comunità capace di relazioni profonde di appartenenza.

 

3.2   La pratica religiosa.

La parrocchia manifesta ancora molte caratteristiche statiche del passato.

I cristiani si sono inseriti entro i cambiamenti economici, sociali e politici ma sono rimasti legati alle tradizioni religiose.

E’ un segno evidente che la maggioranza di essi non è stata interessata dal cambiamento portato dalla nuova evangelizzazione voluta dal Concilio.

Molti, anzi, hanno abbandonato la pratica religiosa e non hanno accolto la novità proposta dalla Chiesa.

Oggi la nostra parrocchia è chiamata a manifestare il suo volto, come la comunità cristiana delle origini, descritta nel libro degli Atti. 4

I cristiani devono farsi assidui nell’ascolto della Parola e nell’unione fraterna, essere un cuor solo e un’anima sola, vivere con letizia e semplicità di cuore, godere la stima del popolo e prendersi cura di coloro che Dio aggiunge alla comunità.

Occorre ripensare la pratica religiosa per fare un cammino ecclesiale che esprima in modo autentico la catechesi, la celebrazione e la carità.

 

3.3   La catechesi

Viviamo in un contesto di scristianizzazione e di secolarizzazione.

“Molte persone battezzate si dichiarano non più credenti; è in atto dappertutto, tramite la migrazione, un intreccio di gente di diversa religione; è evidente la perdita, tra i cristiani, di un centro unificante a livello culturale, che fa tramontare la “società cristiana” e spinge a scelte, in parte omogenee e in parte contrapposte al vangelo”. 5

Nella parrocchia incontriamo sovente persone che vivono di idee confuse e inadeguate nella conoscenza della verità.

Sono adulti che:

-      dimostrano una fede demotivata, che non sa dare ragione di sé di fronte al mutamento culturale, sociale e religioso in atto e non sa rispondere alle pluralità delle domande che nascono dalla vita moderna;

-      stanno nella Chiesa ma non accettano le sue scelte e sono incapaci di coniugare la fede con la vita;

-      non assumono in famiglia, nella parrocchia o nella comunità civile le responsabilità che derivano dalla fede.

Tanti cristiani mantengono uno stile di vita in cui le scelte economiche, politiche e sociali non sono ispirate ai valori evangelici ma agli interessi di parte, individuali o collettivi. Essi sentono la Chiesa come una organizzazione umana e professano una religione impregnata di devozioni staccate dalla parola di Dio.

Il distacco che si constata in molti tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverato tra i più gravi errori del nostro tempo. 6

Nel nostro passato la catechesi era rivolta prevalentemente ai bambini nell’età scolare e finalizzata alla celebrazione dei sacramenti.

Ora la nostra parrocchia è chiamata a farsi promotrice di una evangelizzazione  che abbia valore per se stessa e sia rivolta a tutte le età della vita.

La fede è esposta alla prova e minacciata. Come ogni cosa vivente deve essere alimentata e sostenuta continuamente, per non morire.

Questa è  l’urgenza del nostro tempo e la consegna dei nostri Vescovi. 7

L’evangelizzazione, per rispondere alle istanze della cultura moderna, ha bisogno  di ritornare, nei contenuti e nei metodi, all’annuncio di Gesù 8 e ai vangeli, nati nelle prime comunità cristiane.

 

3.3.1  Catechesi degli adulti

Dodici anni fa abbiamo dato priorità alla evangelizzazione degli adulti, convinti che questo è il compito primario della comunità cristiana.

Per anni abbiamo sviluppato la catechesi sui sacramenti.

Abbiamo poi rivisitato alcune idee di fondo da cui è emersa l’esigenza di essere una comunità che vive il percorso ecclesiale e di conoscere meglio i vangeli, che sono stati scritti per far nascere e alimentare la fede nelle comunità cristiane e per formare i missionari.

Questa iniziativa ha avuto una risposta diversificata:

-      Alcuni hanno riscoperto con gioia la vocazione cristiana, la famiglia come sacramento e la parrocchia come la famiglia dei figli di Dio e si sono impegnati con fervore nella pastorale.

Si è formata nella parrocchia una comunità adulta consapevole di essere chiamata ad annunciare la parola, a celebrare i sacramenti, a vivere l’amore fraterno in modo credibile e coinvolgente e a condividere con il parroco la responsabilità delle linee pastorali.

-      Altri si sono allontanati in vari modi dal cammino comunitario o si sono isolati o hanno cercato altre comunità.

E’ stato per tutti un tempo di confronto sugli aspetti fondamentali della vita cristiana, occasione di sofferenza ma anche di rinnovamento e di scoperte nuove.

 

3.3.2  Catechesi dei giovani dopo i quindici anni.

Molti giovani si allontanano dalla vita della parrocchia dopo aver celebrato la cresima. L’evento della Pentecoste, che da sempre ha spinto i credenti a spalancare le porte per andare nel mondo a testimoniare il vangelo, 9 per loro diventa la fine dell’esperienza ecclesiale.

Questo distacco tra i giovani e la comunità si riscontra anche in alcuni che hanno celebrato la comunione di maturità e partecipato alle attività giovanili e avviene in occasione dell’inserimento nel lavoro o di altri momenti significativi della loro vita.

 

Varie cause concorrono a determinare questa situazione:

-      l’età giovanile.

In questo periodo di vita i giovani sentono il desiderio di rendersi autonomi dalla famiglia e dalla parrocchia e di proiettarsi verso nuove esperienze in cui esprimere le loro scelte personali. Spesso però non sono in condizione di fare scelte consapevoli e definitive.

-      i limiti dell’esperienza religiosa fatta dentro la comunità.

La famiglia e la parrocchia non vivono con i giovani l’esperienza vera della fede ma si limitano a proporre loro i percorsi di formazione tradizionali, così che l’esperienza cristiana non incide in profondità nella loro vita.

Inoltre non affrontiamo con i giovani le tematiche legate al lavoro e alla vita sociale e politica e non li formiamo alla capacità critica, dando loro riferimenti sicuri sia nelle idee che nei vissuti ecclesiali, per essere testimoni del vangelo nel mondo di oggi.

-      lo stile con cui facciamo la catechesi.

In passato la catechesi trasmetteva verità di fede elaborate culturalmente, le annunciava entro strutture e schemi simili a quelli usati dalla scuola, era finalizzata più a preparare alla celebrazione dei sacramenti che ad annunciare una buona novella per l’età, le problematiche e le speranze che i giovani vivono.

Occorre che la parrocchia si rivolga ai giovani con modalità adatte e proponga loro percorsi di fede capaci di esaltare i valori della vita, come la solidarietà, la giustizia e la pace.

La vita cristiana infatti è alleanza con Dio e la catechesi deve educare a fare storia con Dio, continuando la storia della salvezza nel nostro tempo.

La verità non è qualcosa che si possiede ma è il Dio che si rivela a noi, perché crediamo e abbiamo comunione vera con lui e tra di noi.

Occorre  creare un clima di dialogo aperto e di amicizia sincera e confrontarci con la vita dei giovani.

Una catechesi autentica può scaturire solo dalla testimonianza di una comunità viva, deve mostrare il volto di una comunità accogliente e toccare il cuore dei giovani, aiutandoli a sentirsi interpellare dalla chiamata e ad essere protagonisti della risposta.

 

 

 

3.3.3   Catechesi dei fanciulli  e dei ragazzi fino ai quindici anni.

I genitori continuano ancora oggi a chiedere che i figli ricevano i sacramenti e per questo li portano al catechismo in parrocchia.

La maggioranza di essi si preoccupa che i figli possano fare l’esperienza che hanno fatto loro, ritengono che i sacramenti siano eventi significativi della vita umana, tappe sacre della tradizione familiare, o semplicemente desiderano che i loro figli non siano diversi dagli altri.

Alla richiesta dei sacramenti non corrisponde la loro pratica sacramentale o la volontà di partecipare alla esperienza religiosa dei figli.

Fra la catechesi ricevuta in parrocchia e il clima assorbito in famiglia viene a formarsi una spaccatura, che provoca la separazione tra fede e vita, genera nei fanciulli insicurezza e ostacola il loro processo di maturazione della fede.

Siamo posti di fronte al fatto che gli ambienti in cui i piccoli vivono, compresa la famiglia, non preparano alla catechesi e non aiutano la parola del Signore a portare frutto in loro.

La fede dei fanciulli, invece, può crescere soltanto davanti a dei testimoni.

Accade spesso che siano i piccoli, che fanno il loro cammino di fede in comunità, a risvegliare e stimolare l’interesse dei genitori verso la vita cristiana.

Gesù ha affermato:

      Lasciate che i bambini vengano in continuità a me e non glielo impedite,

      perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio. 10

 

Di fronte alla catechesi ai fanciulli la nostra comunità:

-      condivide l’ansia di Gesù di incontrare i bambini e la convinzione che essi appartengono al Regno, a cui sono stati chiamati fin dal seno materno e sono stati consacrati nel battesimo.

I genitori per primi devono sentire rivolto a loro il comando di Gesù di rendere possibile ai figli l’incontro con Lui.

-      dedica a tutti i bambini le sue cure educative, per formare i nuovi discepoli di Gesù e gli adulti di domani, convinta che il Signore accompagna il cammino dei piccoli per strade che solo lui conosce.

-      è cosciente che non può ammettere ai sacramenti i fanciulli senza la fede che i sacramenti richiedono per essere veri ed efficaci.

-      cerca la collaborazione delle famiglie.

I genitori, che partecipano ai figli la gioia e la vitalità della loro esperienza cristiana, garantiscono loro il clima necessario a crescere in sapienza e grazia, assicurando la possibilità di partecipare al catechismo, alla eucarestia festiva e alle iniziative della parrocchia per la gioventù.

In questo modo essi introducono i figli nella vita della comunità, realizzano la vocazione insita nel sacramento del matrimonio e rafforzano, vivendo con i figli  un’esperienza forte e gioiosa, la loro comunione familiare.

-      rivaluta la figura dei padrini, oggi snaturata e tradita.

Sempre più frequentemente, infatti, le persone accettano di fare il padrino più per ricambiare un piacere fra genitori che per occuparsi concretamente della formazione cristiana dei bambini.

Oggi la funzione dei padrini si rivela necessaria quando i genitori non sono più credenti o non sono disposti a vivere con coerenza la vita cristiana e ad accompagnare il cammino di fede dei figli.

Allora è importante che la parrocchia possa affidare, in accordo con i genitori, i piccoli a dei “padrini”, che vivano la vita comunitaria e li seguano, a nome della comunità, finché siano introdotti gradualmente, mediante i sacramenti dell’iniziazione cristiana, nella vita di Cristo  e della Chiesa.

Ove questo non sia possibile occorre attendere che si creino le condizioni per una preparazione consapevole ed una celebrazione efficace.

 

3.4  La celebrazione

La liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù. Infatti il lavoro apostolico è ordinato a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il battesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al Sacrificio e mangino la cena del  Signore. 11

E’ quindi compito importante della pastorale fare in modo che i fedeli prendano parte  all’azione liturgica consapevolmente, attivamente e fruttuosamente. 12

Nella nostra comunità si è sempre avuto attenzione a preparare le celebrazioni liturgiche e a favorire la partecipazione attiva del popolo alla liturgia.

Oggi occorre continuare a formare all’amore alla liturgia, rendere possibili esperienze forti di preghiera, preparare nuovi animatori della liturgia e nuovi ministeri ed educare le persone, che partecipano poco alla vita ecclesiale, a conoscere meglio le celebrazioni liturgiche.

In particolare ci sembrano urgenti due attenzioni.

 

3.4.1  Celebrazione dei sacramenti.

Nel nostro paese quasi tutte le famiglie richiedono i sacramenti dell’iniziazione per i loro figli; ma molti li vivono come riti di passaggio, in cui prende corpo un vago senso del sacro, e non come riti specificamente cristiani. 13

La nostra gente, quasi dovunque, continua a chiedere il battesimo, la comunione e la cresima per i propri figli, vuole celebrare il matrimonio in chiesa ed esige la sepoltura religiosa. Ma quanti sono consapevoli dell’impegno di vita cristiana che questi riti sacri presuppongono ed esigono? 14

Influenza sociale e tradizione favoriscono ancora il permanere di una pratica sacramentale, ma i sacramenti sono considerati momenti separati, quasi autonomi dal cammino di fede entro la comunità e, in particolare, dalla celebrazione dell’Eucarestia nel giorno del Signore. 15

Questa accorata denuncia dei nostri Vescovi trova riscontro nella nostra comunità. Oggi si viene in parrocchia per “ricevere” i sacramenti o per “far prendere” i sacramenti ai propri figli  e non per celebrare la propria adesione a Cristo, per coinvolgerlo nella propria esistenza come compagno di cammino, per vivere come lui e vivere in lui la comunione con il Padre e con i fratelli. 16

Particolarmente necessario si rivela dunque un cammino di fede che preceda, accompagni e segua la celebrazione dei sacramenti. 17

La comunità cristiana non può accontentarsi di celebrare ma deve far seguire un’azione  pastorale che coinvolga le persone, che hanno celebrato i sacramenti, nella catechesi, nella partecipazione alla vita della comunità e alla sua missione, secondo i doni e i ministeri che lo Spirito elargisce, e nell’impegno  per la crescita del Regno nel mondo e per la promozione umana.18

La Chiesa è la comunità dell’amore, la famiglia di Dio .

Dio manifesta il suo amore all’umanità nel segno dell’amore intenso che noi sperimentiamo nella famiglia. Le relazioni familiari, cioè la sponsalità, la paternità, la maternità, i rapporti filiali e fraterni diventano esperienza sacramentale del nostro amore con Dio.

I sacramenti sono i segni dell’amore di Dio per l’umanità, resi concreti nei gesti del suo Figlio Gesù Cristo, che vive e opera entro la sua Chiesa.

In essi si manifesta l’azione di Dio che salva l’uomo e la risposta dell’uomo, che, attraverso quei gesti, ritrova la sua vita, il suo amore e il suo Dio.

I sacramenti sono i doni con cui il Signore ci introduce nella sua amicizia e la fonte alla quale alimentiamo la nostra vita divina.

Essi richiedono dunque fede, accoglienza e fedeltà.

 

3.4.2  La preghiera.

Il 29 settembre 1985 il Vescovo ci proponeva di fare in modo che la giornata si apra con il canto della lode e che la stanchezza della sera sia santificata dalla preghiera del vespro. 19

Questo impegno di preghiera, avviato da subito, ha incontrato varie difficoltà legate agli orari del lavoro e dell’attività pastorale, alla scarsa conoscenza della

Bibbia e della liturgia delle ore.

Il Concilio insegna che Gesù è il sommo Sacerdote che eleva al Padre il canto di lode per mezzo della sua Chiesa.

Essa loda incessantemente e intercede per la salvezza del mondo non solo con la celebrazione dell’eucarestia ma anche in altri modi, specialmente con l’Ufficio divino.

Quando a celebrare quel mirabile canto di lode sono i Sacerdoti o altri a ciò deputati dalla Chiesa, o anche i fedeli che pregano insieme col Sacerdote nelle forme approvate, allora è veramente la voce della Sposa che parla allo Sposo, anzi è la preghiera che Cristo unito al suo corpo eleva al Padre. 20

Occorre che la nostra comunità renda possibile ai fedeli la partecipazione a diversi modi di preghiera, che corrispondano al cammino delle persone e le educhino a pregare in comunione con Cristo Sposo della sua Chiesa.

La preghiera infatti ha origine da Dio stesso e risponde alla sua parola, che ci interpella per coinvolgerci nella offerta della vita al Padre per la salvezza del mondo.

In particolare dobbiamo educare:

-      alla preghiera delle ore e soprattutto, delle lodi e dei vespri, per far in modo che diventino la preghiera normale del cristiano.

-      alla preghiera in famiglia, in modo che essa diventi piccola Chiesa 21 che si riunisce periodicamente nell’intimità con il Signore.

-      alla preghiera popolare o “pii esercizi” del popolo cristiano.

“Bisogna però che tali esercizi, tenendo conto dei tempi liturgici, siano ordinati in modo da essere in armonia con la sacra liturgia, da essa traggano in qualche modo ispirazione, e ad essa, data la sua natura di gran lunga superiore, conducano il popolo cristiano”. 22

 

 

 

 

3.5   La carità

Una comunità cristiana, assidua nell’ascolto della parola e nella preghiera, ha bisogno di amare come Dio ama, dentro l’esperienza ecclesiale della comunione dei carismi e della solidarietà nei beni.

La nostra parrocchia mancava di spazi e locali adatti ad esprimere questa dimensione ecclesiale e ha fatto un notevole sforzo per aprire spazi e ambienti che favoriscano esperienze significative di comunione.

Da sette anni il Circolo parrocchiale organizza attività di aggregazione, di ricreazione, di cultura e di solidarietà, come l’oratorio, i campi estivi, le gite e le feste parrocchiali.

Ma le varie attività dipendono dall’impegno di poche persone e manifestano più la preoccupazione di accogliere e di riempire gli spazi che di  rendere visibile la comunità cristiana.

Quando le Suore salesiane hanno lasciato l’oratorio, esso ha sofferto la mancanza di persone che continuassero la loro opera e di collegamento con la realtà diocesana e foraniale.

E’ necessario promuovere la carità come esperienza autentica di Chiesa e irradiazione nel territorio della comunione ecclesiale.

Come essere missionari di ecclesialità e di comunione nel mondo se non sappiamo viverla all’interno della comunità?

 

3.5.1. Gli obiettivi.

 

Abbiamo bisogno di verificare e realizzare questi obiettivi:

-      aprire spazi e iniziative di carità, così che, come nelle comunità cristiane degli inizi, l’amore ai fratelli sia la prima e più importante manifestazione della vita in Cristo;

-      far funzionare la caritas parrocchiale, in modo che sia un luogo di formazione alla solidarietà;

-      ricostruire il tessuto comunitario, che è andato sfilacciandosi a causa delle forti mutazioni sociali, dello sviluppo urbanistico, che ha portato all’insediamento di molte famiglie provenienti da realtà ecclesiali diverse dalla nostra, della fatica a condividere con la gente i problemi reali, dell’abbandono della pratica religiosa e della mobilità sociale.

 

3.5.2  La parrocchia come comunione.

La nostra comunità è ubicata entro un territorio, ma fra essa e gli abitanti del quartiere viene meno progressivamente il senso di appartenenza reciproca.

Ci dimostriamo impreparati a rispondere alle problematiche emergenti e il nostro cammino, aperto alle esigenze evangeliche e consolidato nelle scelte pastorali, provoca difficoltà a capire e ad accogliere.

A volte l’incoerenza e le difficoltà interne rendono poco credibile la nostra esperienza.

Altre volte la parrocchia è vista come una istituzione, che deve essere sempre a disposizione per qualsiasi bisogno religioso e a cui le persone possono accedere come aventi diritto, quando lo ritengono opportuno e senza condizioni.

Altre volte sono mancate le opportunità di incontrarci, conoscerci e fraternizzare.

In questa situazione è importante riscoprire e riproporre la Chiesa come realtà di comunione, di servizio e di missione, dove le iniziative sono partecipate e si offrono, a chi lo desidera, come spazi creativi di solidarietà e di fraternità.

La comunità cristiana, come sale della terra e luce del mondo, promuove il dialogo con tutti e si apre al bisogno delle persone ferite nella carne e nello spirito che, entro e fuori il nostro territorio, cercano aiuto e amicizia.