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LA VITA
ECCLESIALE ATTUALE
Il
regno di Dio richiede continuo impegno per adeguare la pastorale
al suo progressivo manifestarsi nella Chiesa e nel mondo.
Luci
e ombre della vita ecclesiale a Campolongo.
3.1
Le relazioni entro la comunità
Molti oggi attribuiscono alla
parrocchia un ruolo formale e stabiliscono con essa una relazione
provvisoria.
La incontrano in occasione
della domanda dei sacramenti e dei funerali, la trattano quasi
come un distributore automatico di prodotti di consumo e
pretendono tutto, subito e talora in offerta speciale.
Alcuni non sentono di
appartenere alla parrocchia in cui abitano ma si rivolgono dove
capita, dove è più comodo o meno impegnativo.
Anche i praticanti talora
hanno con la comunità una relazione precaria, quando la loro
pratica cristiana non è inserita nel cammino comune e quando
provocano divisioni all’interno della comunità.
In questo modo la comunità
esperimenta la vita comunitaria come peso e causa di conflitto e
scoraggia i lontani ad avvicinarsi ad essa.
Nella nostra parrocchia
esiste comunque il desiderio di vivere esperienze positive, la
ricerca di un modo più autentico di essere Chiesa e l’impegno
per una partecipazione personale alla vita della comunità.
La pastorale appartiene a
tutta la comunità e la sua forza dipende, oltre che dallo Spirito
Santo, dalla capacità di stare insieme dei credenti.
L’impegno missionario ha
bisogno di una comunità capace di relazioni profonde di
appartenenza.
3.2
La pratica religiosa.
La parrocchia manifesta
ancora molte caratteristiche statiche del passato.
I cristiani si sono inseriti
entro i cambiamenti economici, sociali e politici ma sono rimasti
legati alle tradizioni religiose.
E’ un segno evidente che la
maggioranza di essi non è stata interessata dal cambiamento
portato dalla nuova evangelizzazione voluta dal Concilio.
Molti, anzi, hanno
abbandonato la pratica religiosa e non hanno accolto la novità
proposta dalla Chiesa.
Oggi la nostra parrocchia è chiamata a manifestare
il suo volto, come la comunità cristiana delle origini, descritta
nel libro degli Atti. 4
I cristiani devono farsi
assidui nell’ascolto della Parola e nell’unione fraterna,
essere un cuor solo e un’anima sola, vivere con letizia e
semplicità di cuore, godere la stima del popolo e prendersi cura
di coloro che Dio aggiunge alla comunità.
Occorre ripensare la pratica
religiosa per fare un cammino ecclesiale che esprima in modo
autentico la catechesi, la celebrazione e la carità.
3.3
La catechesi
Viviamo in un contesto di
scristianizzazione e di secolarizzazione.
“Molte persone battezzate si dichiarano non più
credenti; è in atto dappertutto, tramite la migrazione, un
intreccio di gente di diversa religione; è evidente la perdita,
tra i cristiani, di un centro unificante a livello culturale, che
fa tramontare la “società cristiana” e spinge a scelte, in
parte omogenee e in parte contrapposte al vangelo”. 5
Nella parrocchia incontriamo
sovente persone che vivono di idee confuse e inadeguate nella
conoscenza della verità.
Sono adulti che:
-
dimostrano
una fede demotivata, che non sa dare ragione di sé di fronte al
mutamento culturale, sociale e religioso in atto e non sa
rispondere alle pluralità delle domande che nascono dalla vita
moderna;
-
stanno nella
Chiesa ma non accettano le sue scelte e sono incapaci di coniugare
la fede con la vita;
-
non assumono
in famiglia, nella parrocchia o nella comunità civile le
responsabilità che derivano dalla fede.
Tanti
cristiani mantengono uno stile di vita in cui le scelte
economiche, politiche e sociali non sono ispirate ai valori
evangelici ma agli interessi di parte, individuali o collettivi.
Essi sentono la Chiesa come una organizzazione umana e professano
una religione impregnata di devozioni staccate dalla parola di
Dio.
Il
distacco che si constata in molti tra la fede che professano e la
loro vita quotidiana, va annoverato tra i più gravi errori del
nostro tempo. 6
Nel
nostro passato la catechesi era rivolta prevalentemente ai bambini
nell’età scolare e finalizzata alla celebrazione dei
sacramenti.
Ora la nostra parrocchia è
chiamata a farsi promotrice di una evangelizzazione
che abbia valore per se stessa e sia rivolta a tutte le età
della vita.
La fede è esposta alla prova
e minacciata. Come ogni cosa vivente deve essere alimentata e
sostenuta continuamente, per non morire.
Questa è
l’urgenza del nostro tempo e la consegna dei nostri
Vescovi. 7
L’evangelizzazione, per
rispondere alle istanze della cultura moderna, ha bisogno
di ritornare, nei contenuti e nei metodi, all’annuncio di
Gesù 8 e ai vangeli, nati nelle prime comunità
cristiane.
3.3.1 Catechesi
degli adulti
Dodici anni fa abbiamo dato
priorità alla evangelizzazione degli adulti, convinti che questo
è il compito primario della comunità cristiana.
Per anni abbiamo sviluppato
la catechesi sui sacramenti.
Abbiamo poi rivisitato alcune
idee di fondo da cui è emersa l’esigenza di essere una comunità
che vive il percorso ecclesiale e di conoscere meglio i vangeli,
che sono stati scritti per far nascere e alimentare la fede nelle
comunità cristiane e per formare i missionari.
Questa
iniziativa ha avuto una risposta diversificata:
-
Alcuni hanno
riscoperto con gioia la vocazione cristiana, la famiglia come
sacramento e la parrocchia come la famiglia dei figli di Dio e si
sono impegnati con fervore nella pastorale.
Si
è formata nella parrocchia una comunità adulta consapevole di
essere chiamata ad annunciare la parola, a celebrare i sacramenti,
a vivere l’amore fraterno in modo credibile e coinvolgente e a
condividere con il parroco la responsabilità delle linee
pastorali.
-
Altri si sono allontanati in vari modi dal cammino
comunitario o si sono isolati o hanno cercato altre comunità.
E’
stato per tutti un tempo di confronto sugli aspetti fondamentali
della vita cristiana, occasione di sofferenza ma anche di
rinnovamento e di scoperte nuove.
3.3.2 Catechesi
dei giovani dopo i quindici anni.
Molti giovani si allontanano
dalla vita della parrocchia dopo aver celebrato la cresima.
L’evento della Pentecoste, che da sempre ha spinto i credenti a
spalancare le porte per andare nel mondo a testimoniare il
vangelo, 9 per loro diventa la fine dell’esperienza
ecclesiale.
Questo distacco tra i giovani
e la comunità si riscontra anche in alcuni che hanno celebrato la
comunione di maturità e partecipato alle attività giovanili e
avviene in occasione dell’inserimento nel lavoro o di altri
momenti significativi della loro vita.
Varie cause concorrono a
determinare questa situazione:
-
l’età giovanile.
In
questo periodo di vita i giovani sentono il desiderio di rendersi
autonomi dalla famiglia e dalla parrocchia e di proiettarsi verso
nuove esperienze in cui esprimere le loro scelte personali. Spesso
però non sono in condizione di fare scelte consapevoli e
definitive.
-
i limiti dell’esperienza religiosa fatta dentro
la comunità.
La
famiglia e la parrocchia non vivono con i giovani l’esperienza
vera della fede ma si limitano a proporre loro i percorsi di
formazione tradizionali, così che l’esperienza cristiana non
incide in profondità nella loro vita.
Inoltre
non affrontiamo con i giovani le tematiche legate al lavoro e alla
vita sociale e politica e non li formiamo alla capacità critica,
dando loro riferimenti sicuri sia nelle idee che nei vissuti
ecclesiali, per essere testimoni del vangelo nel mondo di oggi.
-
lo stile con cui facciamo la catechesi.
In
passato la catechesi trasmetteva verità di fede elaborate
culturalmente, le annunciava entro strutture e schemi simili a
quelli usati dalla scuola, era finalizzata più a preparare alla
celebrazione dei sacramenti che ad annunciare una buona novella
per l’età, le problematiche e le speranze che i giovani vivono.
Occorre che la parrocchia si
rivolga ai giovani con modalità adatte e proponga loro percorsi
di fede capaci di esaltare i valori della vita, come la solidarietà,
la giustizia e la pace.
La vita cristiana infatti è
alleanza con Dio e la catechesi deve educare a fare storia con
Dio, continuando la storia della salvezza nel nostro tempo.
La verità non è qualcosa
che si possiede ma è il Dio che si rivela a noi, perché crediamo
e abbiamo comunione vera con lui e tra di noi.
Occorre
creare un clima di dialogo aperto e di amicizia sincera e
confrontarci con la vita dei giovani.
Una catechesi autentica può
scaturire solo dalla testimonianza di una comunità viva, deve
mostrare il volto di una comunità accogliente e toccare il cuore
dei giovani, aiutandoli a sentirsi interpellare dalla chiamata e
ad essere protagonisti della risposta.
3.3.3
Catechesi dei fanciulli
e dei ragazzi fino ai quindici anni.
I genitori continuano ancora
oggi a chiedere che i figli ricevano i sacramenti e per questo li
portano al catechismo in parrocchia.
La maggioranza di essi si
preoccupa che i figli possano fare l’esperienza che hanno fatto
loro, ritengono che i sacramenti siano eventi significativi della
vita umana, tappe sacre della tradizione familiare, o
semplicemente desiderano che i loro figli non siano diversi dagli
altri.
Alla richiesta dei sacramenti
non corrisponde la loro pratica sacramentale o la volontà di
partecipare alla esperienza religiosa dei figli.
Fra la catechesi ricevuta in
parrocchia e il clima assorbito in famiglia viene a formarsi una
spaccatura, che provoca la separazione tra fede e vita, genera nei
fanciulli insicurezza e ostacola il loro processo di maturazione
della fede.
Siamo posti di fronte al
fatto che gli ambienti in cui i piccoli vivono, compresa la
famiglia, non preparano alla catechesi e non aiutano la parola del
Signore a portare frutto in loro.
La fede dei fanciulli,
invece, può crescere soltanto davanti a dei testimoni.
Accade spesso che siano i
piccoli, che fanno il loro cammino di fede in comunità, a
risvegliare e stimolare l’interesse dei genitori verso la vita
cristiana.
Gesù ha affermato:
Lasciate che i bambini vengano
in continuità a me e non glielo impedite,
perché a chi è come loro
appartiene il regno di Dio. 10
Di fronte alla catechesi ai
fanciulli la nostra comunità:
-
condivide l’ansia di Gesù di incontrare i
bambini e la convinzione che essi appartengono al Regno, a cui
sono stati chiamati fin dal seno materno e sono stati consacrati
nel battesimo.
I
genitori per primi devono sentire rivolto a loro il comando di Gesù
di rendere possibile ai figli l’incontro con Lui.
-
dedica a tutti i bambini le sue cure educative, per
formare i nuovi discepoli di Gesù e gli adulti di domani,
convinta che il Signore accompagna il cammino dei piccoli per
strade che solo lui conosce.
-
è cosciente che non può ammettere ai sacramenti i
fanciulli senza la fede che i sacramenti richiedono per essere
veri ed efficaci.
-
cerca la collaborazione delle famiglie.
I
genitori, che partecipano ai figli la gioia e la vitalità della
loro esperienza cristiana, garantiscono loro il clima necessario a
crescere in sapienza e grazia, assicurando la possibilità di
partecipare al catechismo, alla eucarestia festiva e alle
iniziative della parrocchia per la gioventù.
In
questo modo essi introducono i figli nella vita della comunità,
realizzano la vocazione insita nel sacramento del matrimonio e
rafforzano, vivendo con i figli
un’esperienza forte e gioiosa, la loro comunione
familiare.
-
rivaluta la figura dei padrini, oggi snaturata e
tradita.
Sempre
più frequentemente, infatti, le persone accettano di fare il
padrino più per ricambiare un piacere fra genitori che per
occuparsi concretamente della formazione cristiana dei bambini.
Oggi la
funzione dei padrini si rivela necessaria quando i genitori non
sono più credenti o non sono disposti a vivere con coerenza la
vita cristiana e ad accompagnare il cammino di fede dei figli.
Allora
è importante che la parrocchia possa affidare, in accordo con i
genitori, i piccoli a dei “padrini”, che vivano la vita
comunitaria e li seguano, a nome della comunità, finché siano
introdotti gradualmente, mediante i sacramenti dell’iniziazione
cristiana, nella vita di Cristo
e della Chiesa.
Ove
questo non sia possibile occorre attendere che si creino le
condizioni per una preparazione consapevole ed una celebrazione
efficace.
3.4
La celebrazione
La liturgia è il culmine
verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da
cui promana tutta la sua virtù. Infatti il lavoro apostolico è
ordinato a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il
battesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa,
prendano parte al Sacrificio e mangino la cena del Signore. 11
E’ quindi compito
importante della pastorale fare in modo che i fedeli prendano
parte all’azione
liturgica consapevolmente, attivamente e fruttuosamente. 12
Nella nostra comunità si è
sempre avuto attenzione a preparare le celebrazioni liturgiche e a
favorire la partecipazione attiva del popolo alla liturgia.
Oggi occorre continuare a
formare all’amore alla liturgia, rendere possibili esperienze
forti di preghiera, preparare nuovi animatori della liturgia e
nuovi ministeri ed educare le persone, che partecipano poco alla
vita ecclesiale, a conoscere meglio le celebrazioni liturgiche.
In particolare ci sembrano
urgenti due attenzioni.
3.4.1
Celebrazione dei sacramenti.
Nel
nostro paese quasi tutte le famiglie richiedono i sacramenti
dell’iniziazione per i loro figli; ma molti li vivono come riti
di passaggio, in cui prende corpo un vago senso del sacro, e non
come riti specificamente cristiani. 13
La
nostra gente, quasi dovunque, continua a chiedere il battesimo, la
comunione e la cresima per i propri figli, vuole celebrare il
matrimonio in chiesa ed esige la sepoltura religiosa. Ma quanti
sono consapevoli dell’impegno di vita cristiana che questi riti
sacri presuppongono ed esigono? 14
Influenza
sociale e tradizione favoriscono ancora il permanere di una
pratica sacramentale, ma i sacramenti sono considerati momenti
separati, quasi autonomi dal cammino di fede entro la comunità e,
in particolare, dalla celebrazione dell’Eucarestia nel giorno
del Signore. 15
Questa accorata denuncia dei
nostri Vescovi trova riscontro nella nostra comunità. Oggi si
viene in parrocchia per “ricevere” i sacramenti o per “far
prendere” i sacramenti ai propri figli e non per celebrare la propria adesione a Cristo, per
coinvolgerlo nella propria esistenza come compagno di cammino, per
vivere come lui e vivere in lui la comunione con il Padre e con i
fratelli. 16
Particolarmente necessario si
rivela dunque un cammino di fede che preceda, accompagni e segua
la celebrazione dei sacramenti. 17
La comunità cristiana non può
accontentarsi di celebrare ma deve far seguire un’azione
pastorale che coinvolga le persone, che hanno celebrato i
sacramenti, nella catechesi, nella partecipazione alla vita della
comunità e alla sua missione, secondo i doni e i ministeri che lo
Spirito elargisce, e nell’impegno
per la crescita del Regno nel mondo e per la promozione
umana.18
La Chiesa è la comunità
dell’amore, la famiglia di Dio .
Dio manifesta il suo amore
all’umanità nel segno dell’amore intenso che noi
sperimentiamo nella famiglia. Le relazioni familiari, cioè la
sponsalità, la paternità, la maternità, i rapporti filiali e
fraterni diventano esperienza sacramentale del nostro amore con
Dio.
I sacramenti sono i segni
dell’amore di Dio per l’umanità, resi concreti nei gesti del
suo Figlio Gesù Cristo, che vive e opera entro la sua Chiesa.
In essi si manifesta
l’azione di Dio che salva l’uomo e la risposta dell’uomo,
che, attraverso quei gesti, ritrova la sua vita, il suo amore e il
suo Dio.
I sacramenti sono i doni con
cui il Signore ci introduce nella sua amicizia e la fonte alla
quale alimentiamo la nostra vita divina.
Essi richiedono dunque fede,
accoglienza e fedeltà.
3.4.2 La
preghiera.
Il 29 settembre 1985 il
Vescovo ci proponeva di fare in modo che la giornata si apra con
il canto della lode e che la stanchezza della sera sia santificata
dalla preghiera del vespro. 19
Questo impegno di preghiera,
avviato da subito, ha incontrato varie difficoltà legate agli
orari del lavoro e dell’attività pastorale, alla scarsa
conoscenza della
Bibbia e della liturgia delle
ore.
Il Concilio insegna che Gesù
è il sommo Sacerdote che eleva al Padre il canto di lode per
mezzo della sua Chiesa.
Essa loda incessantemente e
intercede per la salvezza del mondo non solo con la celebrazione
dell’eucarestia ma anche in altri modi, specialmente con
l’Ufficio divino.
Quando a celebrare quel
mirabile canto di lode sono i Sacerdoti o altri a ciò deputati
dalla Chiesa, o anche i fedeli che pregano insieme col Sacerdote
nelle forme approvate, allora è veramente la voce della Sposa che
parla allo Sposo, anzi è la preghiera che Cristo unito al suo
corpo eleva al Padre. 20
Occorre che la nostra comunità
renda possibile ai fedeli la partecipazione a diversi modi di
preghiera, che corrispondano al cammino delle persone e le
educhino a pregare in comunione con Cristo Sposo della sua Chiesa.
La preghiera infatti ha
origine da Dio stesso e risponde alla sua parola, che ci
interpella per coinvolgerci nella offerta della vita al Padre per
la salvezza del mondo.
In particolare dobbiamo
educare:
-
alla preghiera delle ore e soprattutto, delle lodi
e dei vespri, per far in modo che diventino la preghiera normale
del cristiano.
-
alla preghiera in famiglia, in modo che essa
diventi piccola Chiesa 21 che si riunisce
periodicamente nell’intimità con il Signore.
-
alla preghiera popolare o “pii esercizi” del
popolo cristiano.
“Bisogna
però che tali esercizi, tenendo conto dei tempi liturgici, siano
ordinati in modo da essere in armonia con la sacra liturgia, da
essa traggano in qualche modo ispirazione, e ad essa, data la sua
natura di gran lunga superiore, conducano il popolo cristiano”. 22
3.5
La carità
Una comunità cristiana,
assidua nell’ascolto della parola e nella preghiera, ha bisogno
di amare come Dio ama, dentro l’esperienza ecclesiale della
comunione dei carismi e della solidarietà nei beni.
La nostra parrocchia mancava
di spazi e locali adatti ad esprimere questa dimensione ecclesiale
e ha fatto un notevole sforzo per aprire spazi e ambienti che
favoriscano esperienze significative di comunione.
Da sette anni il Circolo
parrocchiale organizza attività di aggregazione, di ricreazione,
di cultura e di solidarietà, come l’oratorio, i campi estivi,
le gite e le feste parrocchiali.
Ma le varie attività
dipendono dall’impegno di poche persone e manifestano più la
preoccupazione di accogliere e di riempire gli spazi che di
rendere visibile la comunità cristiana.
Quando le Suore salesiane
hanno lasciato l’oratorio, esso ha sofferto la mancanza di
persone che continuassero la loro opera e di collegamento con la
realtà diocesana e foraniale.
E’ necessario promuovere la
carità come esperienza autentica di Chiesa e irradiazione nel
territorio della comunione ecclesiale.
Come essere missionari di
ecclesialità e di comunione nel mondo se non sappiamo viverla
all’interno della comunità?
3.5.1. Gli obiettivi.
Abbiamo bisogno di verificare
e realizzare questi obiettivi:
-
aprire spazi e iniziative di carità, così che,
come nelle comunità cristiane degli inizi, l’amore ai fratelli
sia la prima e più importante manifestazione della vita in
Cristo;
-
far
funzionare la caritas parrocchiale, in modo che sia un luogo di
formazione alla solidarietà;
-
ricostruire
il tessuto comunitario, che è andato sfilacciandosi a causa delle
forti mutazioni sociali, dello sviluppo urbanistico, che ha
portato all’insediamento di molte famiglie provenienti da realtà
ecclesiali diverse dalla nostra, della fatica a condividere con la
gente i problemi reali, dell’abbandono della pratica religiosa e
della mobilità sociale.
3.5.2
La parrocchia come
comunione.
La nostra comunità è
ubicata entro un territorio, ma fra essa e gli abitanti del
quartiere viene meno progressivamente il senso di appartenenza
reciproca.
Ci dimostriamo impreparati a
rispondere alle problematiche emergenti e il nostro cammino,
aperto alle esigenze evangeliche e consolidato nelle scelte
pastorali, provoca difficoltà a capire e ad accogliere.
A volte l’incoerenza e le
difficoltà interne rendono poco credibile la nostra esperienza.
Altre volte la parrocchia è
vista come una istituzione, che deve essere sempre a disposizione
per qualsiasi bisogno religioso e a cui le persone possono
accedere come aventi diritto, quando lo ritengono opportuno e
senza condizioni.
Altre volte sono mancate le
opportunità di incontrarci, conoscerci e fraternizzare.
In questa situazione è
importante riscoprire e riproporre la Chiesa come realtà di
comunione, di servizio e di missione, dove le iniziative sono
partecipate e si offrono, a chi lo desidera, come spazi creativi
di solidarietà e di fraternità.
La
comunità cristiana, come sale della terra e luce del mondo,
promuove il dialogo con tutti e si apre al bisogno delle persone
ferite nella carne e nello spirito che, entro e fuori il nostro
territorio, cercano aiuto e amicizia.
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