2.
La parola del Vescovo.
La
parola del Vescovo deve essere concisa, breve, possibilmente
significativa di qualche cosa
che sente di voi.
Mi
permettete di tornare solo per un attimo, perché vorrei che la
mia parola fosse significativa di quanto io vedo in questa comunità,
a quella breve parola che vi ho detto in Chiesa.
Di
fronte ad una comunità cristiana vivace, che sta rinnovandosi, di
fronte a dei fratelli e a delle sorelle che vivono questo impegno,
io non ho altro compito più grande di quello di invitarvi ad adorare con me la
grazia dello Spirito che è in voi.
Questa
per me è la prima cosa. Dobbiamo guardare con occhio di fede a
questo Spirito che in voi agisce e si manifesta con i suoi frutti.
Detto
questo faccio alcune semplici sottolineature.
Io
vorrei dirvi una parola anzitutto sulle scelte che avete fatto.
Mi
pare che avete scelto in perfetta sintonia con il piano pastorale
diocesano.
Dico
perfetta perché se c'è una preoccupazione che attraversa il
piano pastorale '86/'90, e che attraverserà anche quello degli
anni '90 che stiamo preparando, è esattamente questa: una nuova
evangelizzazione, una più profonda evangelizzazione, una più
incisiva evangelizzazione della nostra gente.
Così
siete in sintonia anche con il convegno delle Chiese delle Venezie
che abbiamo celebrato ad Aquileia dal 28 aprile al 1 maggio.
Mi
sembra che questa scelta sia stata anch'essa frutto dello Spirito.
Vorrei
dirvi: avete fatto bene a scegliere famiglia, comunità di base,
giovani; sono ambiti di un impegno pastorale che ha come obiettivo
l'evangelizzazione e l'educazione alla fede per una coerenza di
vita.
2.1.
La famiglia
Andate
avanti senza cercare il numero. Avete detto: siamo 40, potremmo
essere molti di più. Lasciate che io vi domandi: erano in 12,
sono rimasti in 11 e hanno cambiato il mondo; sì o no ?.
Non
cercate il numero, ma cercate di formare le persone in maniera che
scoprano la sacramentalità del loro essere coniugi, sposi,
padri e madri.
Il
matrimonio è il sacramento che fa di una realtà di laici
l'espressione piena e l'immagine reale della Chiesa intera, Cristo
con il corpo suo.
Io
credo che bisogni sviluppare questa consapevolezza di essere
oggetto investito da una grazia e nello stesso tempo sacramento di
una Chiesa che diventa espressione della salvezza.
I
coniugi sono segno e strumento dell'azione di salvezza nei confronti
l'uno dell'altro, nei confronti dei figli che nascono ma anche nei
confronti di tutta la comunità cristiana di cui la famiglia,
chiesa domestica, è la prima espressione nell'ambito della
realtà sacramentale.
E'
da anni che il Centro Pastorale della Famiglia e anche il Vescovo,
che ha il dovere di coordinare e promuovere l'azione pastorale
con cui la sua Chiesa si costruisce, predicano, supplicano e implorano
di non fermarsi ai corsi di preparazione al matrimonio.
Essi
sono una realtà che va mantenuta fino a quando non avremo
sostituito queste esperienze con quello che noi riteniamo sia
l'ottimo, cioè con degli autentici itinerari di fede in
preparazione al matrimonio.
Lo
sforzo sarà grosso ma voi lo avvertite già.
Dite:
partecipano volentieri a dei corsi in forania perché non sono così
impegnativi come un itinerario di fede, che li coinvolge nella
loro comunità insieme alle altre famiglie, insieme al
sacerdote, insieme ad altre realtà della stessa comunità
cristiana.
Quindi
io vi pregherei di curare:
-
la formazione sacramentale da cui nasce una spiritualità della
coppia e della famiglia;
-
la formazione che precede il matrimonio con degli itinerari di
fede;
-
Il coinvolgere la famiglia nell'azione di iniziazione cristiana
dei figli, perché i primi catechisti sono pur sempre i
genitori. Nella preparazione al battesimo, alla cresima, alla
stessa celebrazione dell'eucarestia i genitori devono essere coinvolti.
I
gruppi famiglia sono una grande benedizione, ma io dico che i
gruppi famiglia devono aprirsi anche a questo servizio
ecclesiale intrafamiliare ed extrafamiliare. Che poi
si faccia difficoltà a costituire i gruppi, che questi
gruppi di famiglie soffrano ogni tanto di emorragie, che ci sia
stata una difficoltà per voi tra il rimescolamento dei gruppi e
la presenza nelle zone, questo è normale.
Perché
dovremo stupirci delle difficoltà?
Io
vedo il bello proprio nelle difficoltà che rendono ancora più
mature le scelte e più responsabile l'impegno.
2.2.
Le comunità di base
Secondo
problema per me è quello delle comunità di base.
"Gradiremmo,
è stato chiesto, che ci si dicesse se questa è la strada
giusta".
Io
vi dico: Si, purché abbiate la costanza di percorrerla.
Non
pensate di doverlo fare in pochissimo tempo o che in questo modo
raggiungerete il 100% della gente che vive e vivrà a Campolongo.
Voi
avete impostato gli incontri in modo che abbiano la parola di Dio
al centro e un momento di riflessione e di informazione sulla vita
della comunità parrocchiale.
Vi direi, continuate in questo modo. Queste comunità
nasceranno in maniera forse difforme
nelle singole zone; non importa.
Vorrei
darvi un appuntamento.
Se
fra cinque anni faremo un bilancio forse vedrete che l'aver
creduto in questa forma di presenza nel quartiere si sarà
rivelata una cosa molto buona.
Il
responsabile della zona potrebbe essere un domani, azzardo,
perfino un diacono, uno di voi, uomini sposati, che avete dato e
date buona testimonianza della vostra fede, ordinati diaconi responsabili
con il parroco e "sotto" di lui in queste piccole
comunità di quartiere.
E
voi potreste dire: abbiamo rinnovato la faccia della comunità.
Per
cui se voi mi dite: è' una strada giusta?, io vi dico: "Sì
è una strada giusta, va percorsa con fiducia, con costanza, con
coerenza, con pazienza e va fatta poi umilmente e fraternamente
conoscere ad altre realtà parrocchiali".
Naturalmente
questo può vivacizzare una realtà e collegare con il centro
della comunità le persone che altrimenti non sarebbero collegate
2.3.
I giovani
Io
vedo così la questione dei giovani.
La
vedo simpatica, molto rosea, molto bella, soprattutto perché
a me pare che il Signore abbia fatto un cammino con voi e vi abbia
purificati.
Il
passaggio da 70 giovani iniziali a 15 è stato un po' deludente,
ma adesso avete anche due nuovi gruppi: uno formato da una quarantina
di giovani e un gruppo del dopo cresima, e avete la possibilità
attraverso l'oratorio di lanciare un ponte anche verso altri. Io
credo che siano una grossa speranza per Campolongo anche perché
offrono una possibilità di aggancio per altri giovani.
Domando
a Don Carlo, domando alle due nostre suore salesiane: curate
molto, molto, la formazione degli animatori, perché altrimenti
i giovani che verranno:
-
saranno dei giovani che partecipano con grande entusiasmo
ad una festa, ma finita la festa ...;
-
saranno dei giovani che si infiammano per qualche grest, cosa
buona e da fare, però dopo tornano...;
-
saranno dei giovani che vivono le fiammate ma non avranno un
fuoco che li consuma e li fa ardere per essere domani formatori e
animatori per altri.
Quindi,
moltiplicate gli incontri di preghiera, di riflessione, di ritiro
e di esercizi spirituali per gli animatori.
Il
problema grosso è proprio questo, di avere degli animatori che
non siano soltanto degli entusiasti trascinatori ma che abbiano
dentro qualcosa da dare, anche perché oggi c'è uno stacco
abbastanza evidente nei giovani.
Non
so se voi lo sentite.
I
giovani si entusiasmano anche per Cristo uomo nuovo,
accettano anche la fede, ma tra la fede e il loro comportamento
c'è un divario, uno scollamento.
Quando
osservate questo voi direte: come mai, entusiasti come sono, non
si differenziano dagli altri nell'ambiente scolastico o
nell'ambiente del divertimento o nel tempo libero o nella loro
stessa crescita affettiva, nella loro capacità di prepararsi
all'amore, al matrimonio.
Io
ho l'impressione netta che i giovani sono molto contenti, fanno
tante cose, ma non vogliono essere toccati su alcuni punti.
Queste
cose accadono e allora la formazione dei giovani deve essere
anche molto esigente. Se si esige veramente si dà una spina
dorsale a questi giovani.
2.4.
L’oratorio
Il
discorso dell'oratorio a me pare provvidenziale.
Bisogna
che scateniate la fantasia nel trovare alcune occasioni di
accostamento degli altri. L'oratorio diventa un ambito più vasto
dove entreranno dei giovani che probabilmente ancora non sono
pienamente inseriti nella vita liturgica e pastorale. Bisognerà
piano piano educarli a scoprire dei valori più alti che forse per
loro sono offuscati o
neanche apparsi all'orizzonte. Quindi non confondiamo
l’attività… fatta per gli
animatori dei giovani con quello che è l’attività
dell'oratorio.
Non
dobbiamo però dimenticare che nella misura in cui tutte le componenti
della comunità si
interesseranno all'attività dell'oratorio, si troveranno le
formule nuove e si avranno anche le persone preparate a portarle
avanti.
In
questo modo domani si potrà arrivare a una vera e propria
accoglienza della fede e a una comunità che accoglie questi
giovani nel suo interno.
2.5.
La catechesi
Ho
visto che qualcuno si è stupito quando
si è detto
che la catechesi è
fatta in gran parte
da donne e che la loro età media è di trent'anni.
Trent'anni!
Io sono compiaciuto, perché vuol dire che sono giovani.
Per
i catechisti domanderei due attenzioni:
-
I catechisti non sono catechisti in eterno; occorre pensare sempre
ad un ricambio di catechisti, perché solo le perpetue sono
perpetue ma neppure loro vivono in eterno.
-
Bisogna pensare alla preparazione.
La
scuola foraniale di formazione teologica di base domanda poi una
specializzazione, una attualizzazione dell'insegnamento in rapporto
all'ufficio che uno ha nella comunità, per cui chiaramente occorre
che essa sia integrata o in sede foraniale o in sede parrocchiale,
da una scuola o da un'iniziativa permanente di formazione dei
catechisti.
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