Parrocchia
di Campolongo – gruppo dei lettori
Lunedì
23 maggio 2022
ASCOLTARE
(la Parola),
VEDERE
(nella fede), TOCCARE (nei Sacramenti)
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Dal
Vangelo secondo Giovanni (Gv
14,23)
In
quel tempo, 23Gesù
disse [ai suoi discepoli]: «Se uno mi
ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi
verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui».
1
– Dalla lettera enciclica LUMEN FIDEI (nn. 29-31)
29.
La
conoscenza associata alla parola è sempre conoscenza
personale, che riconosce la voce, si
apre ad essa in libertà e la segue in obbedienza
("obbedienza della fede", cfr Rm 1,5;16,26).
La
fede è, inoltre, conoscenza legata al
trascorrere del tempo, di
cui la parola ha bisogno per
pronunciarsi: è conoscenza che s’impara solo in un cammino di
sequela. L’ascolto aiuta a raffigurare bene il nesso tra
conoscenza e amore […].
L’udito
attesta
la chiamata personale e
l’obbedienza,
e anche il fatto che la verità si rivela
nel tempo; la
vista offre la visione piena dell’intero
percorso e permette di situarsi nel grande progetto di Dio; senza
tale visione disporremmo solo di frammenti isolati di un tutto
sconosciuto.
30.
La connessione tra il vedere e l’ascoltare,
come organi di conoscenza della fede, appare
con la massima chiarezza nel Vangelo di Giovanni. Per
il quarto Vangelo, credere è ascoltare e,
allo stesso tempo, vedere.
L’ascolto
della fede avviene
secondo la forma di conoscenza propria dell’amore: è un
ascolto personale, che distingue la voce
e riconosce quella del Buon Pastore (cfr Gv 10,3-5); un
ascolto che richiede la sequela
(i
primi discepoli «sentendolo parlare così, seguirono Gesù»; Gv
1,37). D’altra parte, la fede è
collegata anche alla visione. A volte,
la visione dei segni di Gesù precede la fede, come con i giudei
che, dopo la risurrezione di Lazzaro, «alla vista di ciò che
egli aveva compiuto, credettero in lui» (Gv 11,45). Altre volte,
è la fede che porta a una visione più profonda: «Se crederai,
vedrai la gloria di Dio» (Gv 11,40).
Alla
fine, credere e vedere s’intrecciano:
«Chi crede in me […] crede in colui che mi ha mandato; chi vede
me, vede colui che mi ha mandato» (Gv 12,44-45). Grazie a quest’unione
con l’ascolto, il vedere diventa
sequela di Cristo, e
la fede appare come un cammino dello sguardo,
in cui gli occhi si abituano a vedere in profondità. E così, il
mattino di Pasqua, si passa da Giovanni
che, ancora nel buio, davanti al sepolcro vuoto, "vide e
credette" (Gv 20,8); a Maria Maddalena che, ormai, vede Gesù
(cfr Gv 20,14) e vuole trattenerlo, ma è invitata a contemplarlo
nel suo cammino verso il Padre; fino alla piena confessione della
stessa Maddalena davanti ai discepoli: «Ho visto il Signore!» (Gv
20,18).
Come
si arriva a questa sintesi tra l’udire e il vedere? Diventa
possibile a partire dalla persona concreta di Gesù, che si vede e
si ascolta. Egli è la Parola fatta carne, di cui abbiamo
contemplato la gloria (cfr Gv 1,14).
La
luce della fede è quella di un Volto in cui si vede il Padre.
Infatti, la verità che la fede coglie è, nel quarto Vangelo, la
manifestazione del Padre nel Figlio, nella sua carne e nelle sue
opere terrene […].
La
verità che la fede ci dischiude è una
verità centrata sull’incontro con Cristo, sulla contemplazione
della sua vita, sulla percezione della sua presenza. In
questo senso, san Tommaso d’Aquino parla dell’oculata fides
degli Apostoli — fede che vede! —
davanti alla visione corporea del Risorto. Hanno visto Gesù
risorto con i loro occhi e hanno creduto, hanno, cioè, potuto
penetrare nella profondità di quello che vedevano per confessare
il Figlio di Dio, seduto alla destra del Padre.
31.
Soltanto
così, attraverso l’Incarnazione, attraverso la condivisione
della nostra umanità, poteva giungere a
pienezza la conoscenza propria
dell’amore. La luce dell’amore, infatti, nasce quando siamo toccati
nel cuore, ricevendo così in noi la
presenza interiore dell’amato, che ci permette di riconoscere il
suo mistero. Capiamo allora perché, insieme all’ascoltare
e al vedere,
la fede è, per san Giovanni, un toccare («Quello
che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto […] e che le
nostre mani toccarono del Verbo della vita…»; 1 Gv 1,1).
Con
la sua Incarnazione,
con la sua venuta tra noi, Gesù ci ha toccato e, attraverso i Sacramenti,
anche oggi ci tocca; in questo modo, trasformando
il nostro cuore, ci ha permesso e ci
permette di riconoscerlo e di confessarlo come Figlio di Dio […].
Sant’Agostino,
commentando il passo dell’emorroissa che tocca Gesù per essere
guarita (cfr Lc 8,45-46), afferma: «Toccare con il cuore, questo
è credere». La folla si stringe attorno a Lui, ma non lo
raggiunge con il tocco personale della fede, che riconosce […]
il suo essere Figlio che manifesta il Padre. Solo
quando siamo configurati a Gesù, riceviamo
occhi adeguati per vederlo.
Accogli,
o Signore, le preghiere del tuo popolo, perché i
sacramenti, scaturiti dal mistero pasquale, per tua grazia
ci ottengano la salvezza eterna.
(orazione
sulle offerte, veglia pasquale)
O
Dio, che ci dai la gioia di rivivere ogni anno la
risurrezione del Signore, fa’ che mediante la liturgia
pasquale che celebriamo nel tempo, possiamo giungere alla
gioia eterna.
(colletta,
mercoledì fra l’ottava di Pasqua) |
.
2
– Il punto di partenza e le condizioni del viaggio
Il
punto di partenza.
"…
Nessuno di noi può cominciare un viaggio se innanzitutto non sa
da dove partire. E il punto di partenza per noi non è un posto. Il
punto di partenza di ogni viaggio nella nostra vita è saperci di
qualcuno … Nessuno di noi trova il
coraggio davvero di
andare
avanti, di fare qualcosa della propria vita, di rischiarla finché
non si sente di Qualcuno, finché non si sente di un Padre"1.
La
buona novella del Vangelo, cioè quello che Gesù è venuto a
dirci è che abbiamo un Padre e che la
preghiera è
essenzialmente questo: la percezione che sempre e dovunque abbiamo
addosso lo sguardo del Padre. "Se state cercando di essere
felici nella vostra vita, domandatevi non innanzitutto dove state
andando. Domandatevi di chi vi sentite e chi siete, di chi
siete"2.
In diverse occasioni riportate nella Scrittura troviamo che Gesù
vede le folle come pecore senza pastore (cfr. Mc 6,34); non si
sentono di appartenere a nessuno. Viceversa, avere la
consapevolezza di essere del Padre, di appartenergli, consente di
attraversare ogni situazione, ogni oceano.
Le
condizioni del viaggio3.
I sensi per il corpo umano sarebbero
inutili se venissero meno i requisiti per il loro esercizio. Se
non c'è luce o non è giorno, gli occhi non servono a nulla; gli
orecchi in assenza di parole o di suono non possono svolgere il
loro compito; le narici se non vi sono emanazioni odorifere, non
servono a niente. E questo avviene non perché venga loro a
mancare la capacità naturale, ma perché la loro funzione è
condizionata da particolari elementi.
Allo
stesso modo l'anima dell'uomo, se non avrà attinto per mezzo
della fede il dono dello Spirito Santo,
ha sì la capacità di intendere Dio, ma le manca la luce per
conoscerlo. Il dono,
che è in Cristo, è dato interamente a tutti. Resta ovunque a
nostra disposizione e ci è concesso
nella misura in cui vorremo accoglierlo. Dimorerà
in noi nella misura in cui ciascuno di noi vorrà meritarlo.
3
– Domande per la condivisione
-
In
che misura la Parola di Dio guida il mio cammino di vita?
-
La
fede mi aiuta a vedere/andare oltre le vicende umane?
-
La
celebrazione dei Sacramenti tocca la vita personale e
comunitaria?
____________________________
1
L.M. EPICOCO,
L’amore che decide.
2
L.M. EPICOCO,
L’amore che decide.
3
Dal «Trattato sulla Trinità» di sant’Ilario,
vescovo.
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Parrocchia di Campolongo
GRUPPO LETTORI. ICONA BIBLICA (Lc 10,25-37)
Lunedì 25 ottobre 2021
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1 – COSA STA SCRITTO NELLA LEGGE? COME LEGGI? (Cfr.
Lc 10,25-28) (1)
– Dei Verbum 7-10
25Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla
prova e chiese: "Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?".
26Gesù gli disse:
"Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?". 27Costui rispose: "Amerai il Signore
tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo
come te stesso".
28Gli disse: "Hai risposto bene; fa' questo
e vivrai".
LA TRADIZIONE COME STRUTTURA DELL’INCARNAZIONE
(DV 7)
- La rivelazione cristiana è un evento di
incarnazione, dunque la rivelazione: è essenzialmente storica (si trasmette nello spazio e
nel tempo); si inserisce nella creazione, accettando l’umano e i suoi dinamismi. La novità passa
attraverso l’umano, assumendolo e trasformandolo, non
rinnegandolo.
(1
)Riflessioni tratte da: B. Maggioni, “Impara a conoscere il volto di Dio nelle
parole di Dio. Commento alla ‘DEI VERBUM’”.
- Occorre conservare “integro e vivo” il Vangelo.
“Vivo” significa attuale e vissuto, non solo formalmente fedele come un pezzo da museo.
“Viva” significa che la rivelazione non solo è conservata e trasmessa, ma nella chiesa continua ad
essere colloquio con Dio.
- La trasmissione della rivelazione è inevitabilmente esposta a due tipi di indocilità: l’immobilismo e il
trasformismo (rischi mortali). La presenza che permette alla tradizione di essere dinamica e fedele
è lo Spirito (2)
.
- Il progetto di Dio contempla la presenza di due
strutture storiche: le Scritture e la successione
apostolica. Si trasmette annunciando, comunicando e vivendo. L’oggetto della tradizione
non è semplicemente un messaggio dottrinale, parole e idee, ma un modo di vivere, un’esperienza.
- La tradizione compare in coppia con la Scrittura.
Prima però la tradizione e poi la Scrittura; sia perché la tradizione precede la Scrittura (gli scritti sacri
sono nati dalla tradizione), sia perché la Scrittura ritorna “parola” nella
tradizione. Si noti come la
Scrittura sia in rilievo, nominata distintamente, sebbene, in un certo vero senso, già inclusa nella
tradizione. Tradizione e Scrittura costituiscono un
(2)
“Si è fedeli
all’intenzionalità dei testi biblici solo nella misura in cui
si cerca di ritrovare, nel cuore della loro formulazione, la realtà
di fede che essi esprimono e se si collega questa realtà con
l’esperienza credente del nostro
mondo” (BENEDETTO XVI, Verbum Domini. Esortazione apostolica
postsinodale, Roma, 2010).
unico specchio in cui la chiesa contempla Dio: non
significa certo vedere, ma conoscere ed entrare in
comunione, fare esperienza.
LA TRADIZIONE COME STRUTTURA DINAMICA (DV 8)
- La Scrittura non è tutta la predicazione apostolica,
però ne è il luogo privilegiato. L’oggetto della
tradizione comprende “tutto quanto contribuisce alla condotta santa e all’incremento della fede del
popolo di Dio”. Dunque l’ambito della tradizione comprende anche la Scrittura, ma non solo la
Scrittura.
- La Chiesa è soggetto attivo della tradizione. Tutta la chiesa è impegnata nella trasmissione e lo fa
attraverso “la sua dottrina, la sua vita e il suo culto”. Dunque è soggetto di tradizione
usando le Scritture, celebrando i sacramenti, predicando, vivendo, e in tutti quegli altri modi in cui esprime
ad altri la propria fede e la propria esperienza.
La
chiesa non trasmette solo ciò che essa crede, ma anche ciò che essa è. In questo senso, la tradizione
coincide con la vita della chiesa stessa.
- La tradizione non solo conserva e trasmette, ma progredisce, cresce e cammina verso una pienezza.
L’attore principale di questo progresso è lo Spirito Santo, che quindi non svolge soltanto una funzione
di garanzia, ma anche di sviluppo e di approfondimento. Lo Spirito continua a svolgere nel
tempo quanto ha già svolto nel tempo apostolico.
Il
progresso della tradizione è da intendere bene: è
guidato e suscitato dallo Spirito e avviene nella
chiesa (non al di fuori di essa); è sempre un progresso nella comprensione e nell’esperienza di
ciò che è già dato.
TRADIZIONE, SCRITTURA E MAGISTERO: UN RAPPORTO
CIRCOLARE (DV 9-10)
La “sacra tradizione e la Sacra Scrittura sono
strettamente congiunte e comunicanti tra loro”.
Ambedue attingono alla medesima fonte, esprimono l’unico mistero divino e tendono al
medesimo fine, e ambedue sono “parola di Dio”.
- Una precisazione. Scrittura e tradizione insieme costituiscono il veicolo della trasmissione della
rivelazione, ma non allo stesso modo. Della Scrittura si dice che è la parola di Dio, della tradizione invece
che trasmette la parola di Dio. La Scrittura è parola di Dio in quanto “scritta per ispirazione dello Spirito
Santo”: una duplice qualità – scritta e ispirata – che la tradizione non può rivendicare per sé. La
tradizione però trasmette “integralmente” la rivelazione, una integralità che la Scrittura non
possiede da sola.
- Una conseguenza. La certezza della chiesa sull’insieme delle cose rivelate non deriva dalla sola
Scrittura. Scrittura e la tradizione si completano e comunicano, non tanto per un reciproco
arricchimento quantitativo, quanto per un mutuo servizio di illuminazione. La Scrittura non esaurisce
la tradizione dalla quale proviene e, inoltre, necessita della tradizione viva della chiesa per
essere compresa e attualizzata.
- Triplice compito del magistero: Ascoltare con pietà la parola di Dio; custodire santamente, cioè non
perdere nulla e non aggiungere (progredisce la comprensione); insegnare la Parola e attualizzarla
per gli uomini.
➔ Tradizione, Scrittura e magistero sono dunque inseparabili: l’uno non sussiste senza gli altri.
2 – E CHI E’ IL MIO PROSSIMO? (Lc 10,29-37)
29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù:
"E chi è mio prossimo?". 30Gesù riprese: "Un uomo scendeva da
Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne
andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un
sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre.
32Anche un levita, giunto in quel luogo,
vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in
viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe
compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite,
versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui.
35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all'albergatore,
dicendo: "Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno".
36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei
briganti?". 37Quello rispose: "Chi ha avuto compassione di
lui". Gesù gli disse: "Va' e anche tu fa' così".
- Accorgersi dell’altro intende esprimere la consapevolezza che nella persona che incontro
risiede un mistero da accostare con amore perché abitato dalla presenza di Dio. Posso accorgermi
veramente dell’altro nella misura in cui i miei occhi non sono accecati dal pregiudizio o dall’arroganza,
impegnandomi in un cammino di progressiva conversione.
- Sostare accanto al fratello significa essere e sentirsi realmente sullo stesso piano, nella
consapevolezza che ogni vero incontro chiede un sincero investimento di tempo ed un credito di fiducia
cristiana. Nel fratello che incontro Dio mi interpella per la costruzione di relazioni vere in Cristo.
- È solo il Signore che fa nuove tutte le cose: non sono chiamato ad essere la misura della verità, ma
un grembo accogliente della Parola che salva. “Questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede
del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato sé stesso per me” (Gal 2,20).
3 – INIZIATIVE 2021-2022
• Riconoscendo che la situazione generale in cui ci
troviamo appare tuttora segnata dalla precarietà e
dall’incertezza, sembra necessario mettersi prima di tutto in ascolto del Signore per comprendere e
compiere la Sua volontà. A Lui dobbiamo innanzitutto accostarci, presso di Lui sostare e ricostruire.
In questa direzione va rafforzata la relazione con Dio e, quindi tra
di noi, mediante la preghiera, personale e comunitaria, innestata nella Parola di Dio, rinnovata mediante la
celebrazione dei sacramenti, vissuta nella carità fraterna.
• A questo riguardo, nello specifico, si desidera proporre la preghiera comunitaria dei vespri nelle domeniche
dei “tempi forti” (Avvento e Natale; Quaresima e Pasqua). Le riflessioni che verranno ivi proposte
potranno seguire una prospettiva di carattere ecclesiologico, incentrate sulla realtà del popolo di Dio
quale realtà, variegata e dinamica, in cui ciascun battezzato è chiamato a riconoscere e valorizzare le
specifiche vocazioni e i diversi ministeri. Il tema della sinodalità, entro il quale si colloca il rinnovo diocesano
degli organismi di partecipazione, potrà risultare arricchito e sostenuto da questo percorso.
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