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ritiro 

 per l'anno pastorale 

2010 - 2011

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  Campolongo 03/09/2010

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Il piano pastorale 2010-2011 ci chiama a onorare la dignità battesimale, vivendo la missione. Luca 10, 30-35 ci aiuta a conoscere la natura della missione cristiana.

Questa pagina suscita emozioni nuove ogni volta che la contempliamo.

Oggi la leggiamo confrontandola con altri testi biblici, nel contesto della storia della salvezza, discostandoci dalla lettura tradizionale.

La domanda da cui il racconto parte è posta nel v. 25: Maestro, facendo che cosa erediterò la vita eterna? La pone un dottore della legge o scriba.

 

La Legge era lo statuto che governava Israele. Per i Sadducei era costituita dalla  Torah o la legge scritta consegnata da Mosè. I farisei aggiungevano la legge orale, costituita dai precetti della tradizione. La maggioranza degli scribi o dottori della legge era di principi farisei. I vangeli li accumunano con i farisei.

Nell’esilio di Babilonia il popolo era privo di tutti i beni materiali e morali, ad eccezione della Legge. Alcuni uomini consacrarono tutta la vita alla Legge, per conservarla e insegnarla: erano gli uomini del libro, dottori della Legge o scribi.

Essi aumentarono di importanza nel tempo fino a raggiungere la gloria della casta dei sacerdoti. Al tempo di Gesù erano i padri spirituali o catechisti del popolo.

Con il tempo il sacerdozio si immedesimò nella corrente sadducea e si occupò della liturgia del tempio e della politica mentre gli scribi si immedesimarono nella corrente farisea e divennero maestri nelle scuole della legge, rappresentanti di Mosè nelle sinagoghe e modelli di vita religiosa nel popolo.

Sommi Sacerdoti e scribi facevano parte del Sinedrio insieme agli Anziani, persone che rappresentavano l’aristocrazia laica e avevano autorità nella vita pubblica.

Dopo la catastrofe dell’anno 70 il sinedrio fu costituito solo dagli scribi.

 

Gesù rimanda il dottore della Legge alla storia della salvezza con una parabola.

Luca racconta che un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico.

Tra Gerusalemme e Gerico c’era un’unica strada lunga circa 35 Km e un dislivello di 1000 metri. Gerusalemme era la città di Dio, dove c’erano il tempio, la memoria liturgica nel servizio della parola e del culto e gli organi della comunità (sinedrio).

Gerico era una popolosa e prospera città dell’uomo.

La discesa di quest’uomo ci ricorda quella di Gesù, il figlio di Dio che si è fatto carne ed ha dimorato in mezzo a noi (Gv 1,14). Gesù è un uomo speciale.

Fil 2,6 dice che era nella condizione di Dio, ha assunto la condizione di uomo e si è fatto obbediente fino alla morte ma morte di croce.

Gv 1,10-11 scrive che era nel mondo e il mondo fu fatto per mezzo di lui e che venne nelle proprie cose e i suoi non lo accolsero.

Luca, in questa pagina, racconta che quest’uomo si imbatté in briganti.

Ancora Luca 20,9-15 racconta di un uomo che dà la propria vigna in affitto.

Quando manda il proprio figlio, l’amato,  a ritirare il raccolto, i contadini lo vedono e dicono tra loro: “costui è l’erede; uccidiamolo affinché l’ eredità diventi nostra”.

E,  avendolo cacciato fuori dalla vigna, lo uccisero. Gesù è stato spogliato davanti a Israele, vigna del Signore, della sua dignità di Messia e percosso a sangue nella passione. I suoi carnefici, andando via, lo lasciarono mezzo morto: morto nella condizione di uomo e vivo nella condizione di Dio.

Questa, secondo la Scrittura, è la sorte di Gesù, missionario del Padre.

Come è accolta questa missione nella Chiesa di Israele?

Luca racconta che un sacerdote scendeva nella strada percorsa da Gesù.

Come sacerdote anch’egli era missionario di Dio.

Anche un Levita, che era un collaboratore  dei sacerdoti, si trova in quel luogo.

Il testo non dice che era sceso di sua iniziativa ma che si trova dove è il sacerdote.

Sacerdote e Levita vedono Gesù e fanno una scelta di fronte a lui: lo evitano, camminano sull’altra parte della strada e si allontanano da lui.

E la Chiesa cristiana come accoglie Gesù, missionario del Padre?

Sacerdote e Levita possono rappresentare il sacerdozio ordinato  e dei battezzati, la Chiesa, comunità missionaria di Dio. Anche i cristiani possono fare una strada lontana da quella di Cristo. Occorre una riflessione sulla strada percorsa da Gesù. Il seguito della pagina di Luca ci illumina sulla natura della missione che abbiamo, sia come singole persone sia come comunità.  

 

Un samaritano rappresenta come porsi di fronte a Gesù.

 

Chi erano i samaritani? La Giudea era la roccaforte del giudaismo, la Samaria era abitata da coloni asiatici importati dagli Assiri otto secoli prima di Cristo, che si erano mescolati con i proletari ebrei lasciati sul posto.

Con il tempo la loro religione si purificò dall’idolatria e nel quarto secolo a.C. ebbe un proprio tempio sul monte Gorazim. I Samaritani si ritenevano i discendenti degli antichi patriarchi ebrei e depositari della loro fede.

Da qui continue e rabbiose ostilità fra Samaritani e Giudei, rese frequenti dal fatto che la Samaria era luogo obbligato di transito fra la Galilea e la Giudea.

 

Il Samaritano in viaggio era probabilmente un mercante benestante.

Infatti, possedeva un giumento e disponeva di denaro: una scorta per vari giorni.

Luca scrive che il samaritano vide l’uomo incappato nei briganti e si  commosse.

Usa lo stesso verbo nella parabola del figlio minore che ritorna alla casa del padre:

Il padre lo vide, si commosse, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò (Lc 15,20). Commuoversi per Gesù è “primizia” per condividere la sua missione.

L’amore poi porta al fare. E l’intensità del fare corrisponde all’intensità dell’amore.

Il Samaritano, commosso, fasciò le sue ferite versandovi olio e vino, lo pose sul proprio giumento, lo condusse in albergo e si prese cura di lui.

(Il Padre, nella parabola del figlio minore che ritorna, dà una grande festa).

Viene in mente un altro racconto di Luca: Maria avvolge in fasce il bambino che aveva partorito, lo adagia nella mangiatoia, poiché non c’era posto per loro nell’albergo (Lc 2,7). Maria, innamorata di Gesù, si prende cura di lui, bambino a cui il mondo non riservava un posto. La commozione di fronte alla sorte di Gesù, bambino/pellegrino, è parte integrante della missione che Dio affida.

Infatti:

missione non è solo attività pastorale ma è innanzitutto partecipazione interiore e contemplazione di Dio che agisce nella storia della salvezza;

missione non è farsi solidali con il mondo per garantire un posto a Gesù, attraverso alleanze economiche, politiche e culturali, ma è farsi solidali con Gesù rispetto al mondo che lo perseguita o ignora: ieri, oggi e sempre.

 

L’amore per l’uomo incappato nei briganti mette in ricerca di altri che si prendano cura di lui. Il samaritano dà qualcosa di suo all’albergatore ma, facendolo, gli affida la sorte di Gesù e lo coinvolge. Coloro che sono indotti a prendersi cura di Gesù finiscono per commuoversi per lui. Il testo greco usa un’espressione ricca di senso: quello che spendessi in più io nel ritornare me renderò a te. Renderò me a te indica più che “ti darò i soldi che spendi in più”; esprime partecipazione personale, incontro che crea reciprocità, coinvolgimento che coinvolge altri.

 

Il racconto porta a una domanda, a una risposta e a una consegna.

La domanda.

Chi dei tre ti pare essere stato prossimo di chi si era imbattuto nei ladroni?

La attualizziamo per noi così: Chi è prossimo di Gesù crocifisso?

La risposta.

Colui che fece la misericordia con lui. Questa risposta è interessante.

In teoria il prossimo di Gesù era il sacerdote e il levita, in pratica è il Samaritano, cioè l’estraneo: qualsiasi uomo, di qualsiasi razza e fede, può agire da prossimo. L’accento non è posto sull’appartenenza religiosa a parole ma sulla commozione del cuore per Gesù crocifisso.  Potrei distinguermi da quello che fa la mia Chiesa e vivere il vangelo nella concretezza dei bisogni religiosi, sociali e politici e nella compagnia dei samaritani di oggi. Qual è la nostra capacità di fare la misericordia con Gesù e di condividerla in modo che diventi stile della comunità cristiana, in cui la gente cerca la gratificazione, la festa o la partecipazione al suo lutto?

Siamo solidali con quelli che operano la giustizia, che sono i nuovi samaritani, al di là delle appartenenze religiose e politiche? Promuovere il rispetto dei diritti umani non è far politica ma è far pastorale (Marchetto, emigranti).

La consegna.

Gesù ci manda a fare anche noi similmente.

La missione, sia per i singoli cristiani sia per le loro comunità, domanda innanzi tutto di fare la misericordia con Gesù. La religione cristiana non si preoccupa del fare, del buonismo e del consenso ma di accogliere l’amore di Dio che si è manifestato e si manifesta tuttora in Gesù e farlo vedere a chi è nel bisogno.  

 

Abbiamo sempre pensato che nostro prossimo è il fratello nel bisogno.

La pagina del samaritano ci rivela che Gesù ha bisogno che diamo compimento a ciò che dei suoi patimenti manca alla nostra carne (Col 1,24); ha bisogno che, commovendoci per lui, ci prendiamo cura di lui, partecipiamo alla sua missione e coinvolgiamo in essa i nostri fratelli di fede.

Non è casuale né marginale che Gesù sia incappato nei briganti ma è da sempre nel cuore del Padre di generarci nel Figlio amato, di salvarci nel suo amore fino alla fine.

In un’altra pagina Luca scrive che il Risorto sulla strada verso Emmaus, dice che in tutte le Scritture, e quindi in tutta la storia della salvezza, è rivelato che il Cristo doveva patire e il terzo giorno risuscitare.

Nel mondo molti testimoniano l’amore al prossimo.

I cristiani sono chiamati a testimoniare l’amore a Gesù rifiutato dalla gente, missionario che ama il Padre donandosi agli uomini e che ama gli uomini con il cuore donato per primo al Padre. Anche Paolo testimonia che l’appartenenza a Gesù è fondamentale: Per me vivere è Cristo (Fil 1,21).

 

 

 

Domande per la riflessione sulla Parola  

e per applicarla al cammino della nostra Chiesa

nell’anno pastorale 2010-2011.

 

 

1

Nella vita dei cristiani Gesù è centrale o marginale “per ereditare la vita eterna”?

I nostri cristiani sono “commossi” per Gesù e camminano dalla sua parte?

Sono prossimi per Gesù e in ricerca di altri che si prendano cura di lui?

 

2

La missione attuale della nostra Chiesa è percepita/perseguita come “incappare nei briganti” o come avere successo nel mondo?

La pensiamo/valutiamo partendo dalla persecuzione o dal successo?

 

3

La missione attuale della nostra Chiesa è solidale con il mondo, perché faccia posto a Gesù, o è solidale con Gesù, per convertire il mondo?

E’ meglio camminare con la gente, adattandoci al suo cammino, o proseguire il cammino di questi anni, facendo proposte esigenti?

Siamo solidali con i samaritani del nostro tempo, che operano la giustizia?

 

4

Cosa suggeriamo perché la nostra comunità “faccia similmente” al samaritano?

 

Elaboriamo un’idea guida, che richiami il messaggio per la nostra comunità.

Proponiamo iniziative adatte, “come un padre di famiglia che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (Mt 13,42).

 

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Pagina a cura del gruppo internet della Parrocchia dell'Annunciazione di Campolongo di Conegliano (TV)