Suor Lucia Raffaella (Le monache clarisse di Foggia condividono con noi la gioia di una nuova consacrazione.  Riportiamo parte della testimonianza. )

 

[…] Fondamentalmente la mia vocazione è una iniziativa di Dio. […] Egli mi ha condotta a Norcia, alla comunità delle clarisse […] Perché ad un monastero di clausura? Perché avevo capito che la mia missione nella Chiesa era quella di dire, con la vita, all’uomo di oggi che Dio è il Signore, e non un signore della nostra esistenza; avevo capito che il mio compito era quello di indicargli dove Dio abita, di sussurrargli nel cuore, tra le grida di menzogne che lo angosciano, la verità che, sola, può dargli pace: DIO DIMORA IN TE; Dio non è morto, vive nella clausura della tua umanità, sepolto vivo nella tua carne e nel tuo sangue, come nella carne e nel sangue del Figlio suo, fatto uomo: Cristo Gesù. […]

La mia consegna solenne e perenne al Signore, il Dio presente nella storia ma nascosto, è stata preparata da cinque anni di peregrinazione, a volte molto dolorosa, nella fede. Penso in particolare all’evento inimmaginabile, straziante del sisma vissuto dalla notte del 24 agosto 2016 al 30 ottobre mattina. […] I vigili ci hanno costrette ad uscire. Il cuore sanguinava: un embolo è partito e, fermandosi sul nervo ottico dell’occhio destro, per tre anni mi ha privato della sua vista. […]

Per breve tempo siamo state ospiti delle monache benedettine di Trevi.

[…] L’8 dicembre eravamo a Cercemaggiore, in una struttura nuova che ci era stata offerta ma subito dopo il S. Natale, per una inondazione, l’acqua scese dal soffitto del piano superiore dell’abitazione. Con i piedi nell’acqua lavorammo per una giornata intera, aiutate da una decina di buone persone del luogo, per riuscire a liberarci. […]

Il mio pellegrinaggio nella fede conobbe ancora una svolta aderendo alla comunità che accolse come nuova dimora il Convento francescano “Sant’Antonio da Padova” in Biccari, messo a nostra disposizione dai fratelli del Primo Ordine. In questo beato nascondiglio […] ho percorso quest’ultimo tratto di strada fino a ricevere dal Signore il dono della consacrazione solenne e perpetua. Fare la professione è stato porre il mio nido nella cavità di questa rupe (Ger. 48,28), unendomi alle schiere di vergini di Cristo fondate da S. Chiara […] E’ rispondere con coraggio e generosità alla voce discesa dal legno della croce che ha chiamato Francesco e in lui Chiara e me: "Va... e ripara la mia Chiesa!”.