“La scuola al tempo del Covid”

(da Annuncio del 31/01/21)

 che espressione triste! Eppure definisce la scuola in questo periodo. Per me però la scuola è sempre scuola, Covid o non Covid. È momento di aggregazione, di confronto, di crescita e anche sì, è un luogo nel quale si imparano tante belle cose!

Al mattino è dura alzarsi, uscire al freddo. C’è chi parte in bicicletta, chi a piedi, chi come me ha più strada e va in macchina! E poi… 7:55 prima campanella: temperatura, gel mani, mascherina mi raccomando messa bene su naso e bocca e via in classe, con il sorriso stampato, anche se sotto alle mascherine non si vede. Si vedono gli occhi però e sono talvolta occhi assonnati, più spesso occhi felici!

La scuola del primo ciclo (infanzia, elementari e medie, per capirci) è rimasta una delle poche occasioni di incontro per la maggior parte dei bambini e dei ragazzi, in questo periodo. Vengono a scuola con la speranza di poter parlare con gli amici, ridere e scherzare, muoversi. E come non capirli? La maggior parte di loro non fa più sport, non si incontra con gli amici al parco o al campetto, non va in giro in bicicletta… Non dev’essere semplice per loro. Aggiungiamo poi la paura che alcuni hanno di contrarre il virus, o la tristezza di chi a causa di esso ha dovuto affrontare una malattia o un lutto. Le regole da seguire in classe sono diventate ormai la nostra routine e dopo quattro mesi sono così automatiche che quasi non ci disturbano più. Le mascherine fanno parte di noi, il profumo del gel è diventato l’odore della scuola e lo spruzzino dell’alcool sulla cattedra mi ricorda una forma moderna del vaso di fiori che teneva sempre la mia maestra! La scuola si è dovuta trasformare, o così o rischiamo di dover tornare alla DAD (didattica a distanza), ognuno a casa sua… e quello sì è stato un periodo terribile! Noi insegnanti siamo in mezzo a tutto questo, con un programma da svolgere, voti da dare, progetti vari da lanciare e da portare a termine… Non è semplice neanche per noi. Non è semplice per me. Ho bisogno anch’io di uscire, vedere gente, fare quattro chiacchiere, ridere. Allora in classe cerco di fare un po’ questo e un po’ quello, ma si sa un’ora passa in fretta, il lavoro da fare è sempre tanto, la materia è complicata, c’è poco spazio per altro… Approfitto del cambio dell’ora, della ricreazione, una battuta, una domanda “come va?”, “come stai?” Alcuni ragazzini amano raccontarsi, altri scappano! L’importante è che sappiano che siamo lì con loro, sulla stessa barca in questo mare in tempesta e tra poco, sono sicura, sentiremo gridare “terra!!” e tutto sarà finito.                                                                             Roberta