Dimitri Da Dalt

A 8000 km da casa … durante una pandemia

(da annuncio del 10.05.2020)

 

Fare il quarto anno all’estero è sempre stato il mio sogno e finalmente il 22 agosto 2019 sono partito. A 16 anni, lasciare casa per molto tempo non è mai semplice, specialmente se da Conegliano, una piccola città del Veneto, inizi a vivere ad Ottawa, la capitale del secondo stato più grande al mondo. Si chiama shock culturale e ti investe in pieno: nuova famiglia, nuova cultura, nessun amico e una nuova religione sono alcuni aspetti che sono cambiati completamente nella mia vita.

I primi mesi sono senza dubbio i più duri: mi sono serviti per creare e consolidare le prime amicizie e iniziare a sentirmi a mio agio con la nuova lingua. Il fuso orario non aiuta, soprattutto nel primo periodo quando dopo le 18 (mezzanotte italiana), tutti spariscono e spesso ti trovi solo nella camera, che ancora non senti tua, a riflettere e pensare: “Ho fatto la scelta giusta?”, “Cosa ci faccio qui?”. Una frase secondo me rispecchia molto tutto questo è: “L’anno all’estero non è un anno della tua vita, ma una vita in un anno”.

Dopo il primo periodo, piano piano, sentivo di avere legami sempre più forti con i ragazzi canadesi, i ragazzi internazionali e la mia fantastica famiglia ospitante. A dicembre, finalmente la svolta che sognavo dal primo giorno: non mi sentivo più “il ragazzo italiano qui per un anno”, mi sono invece sentito uno di loro, un teenager canadese a tutti gli effetti. Il mio anno all’estero è tutto quello che ho sempre sognato, un insieme di emozioni forti che indelebilmente hanno cambiato e forgiato per sempre la mia persona. Ai canadesi invidio soprattutto l’indipendenza economica dei giovani, l’apertura mentale e il totale odio nei confronti di razzismo, sessismo e xenofobia. Una cosa che sicuramente non invidio è il cibo (nulla supera le lasagne della nonna!) e il clima rigido (6 mesi e mezzo di neve!). Un altro detto però mi è molto caro: “Il freddo all’esterno non vince contro il calore del cuore dei canadesi”. La cosa più difficile di questa esperienza sarà salutare tutte le magnifiche persone che ho conosciuto qui durante il mio viaggio: ognuna mi ha accolto come un caro amico e non potrò mai essere grato abbastanza. Certo, il coronavirus mi ha rovinato la parte più bella e che più aspettavo e desideravo, ma non potrà mai togliermi i ricordi e le esperienze che ho vissuto. Cercando di essere il più positivo possibile, sono in isolamento con la mia famiglia ospitante che mi sta trattando come se fossi un loro figlio. Il senso civico canadese ha permesso alla situazione di non precipitare come negli Stati Uniti e sembra che a breve inizierà una graduale ripresa. Ogni giorno Longfield (Campolongo ?) mi manca sempre di più, ci vediamo presto!

                                                                                Dimitri Da Dalt