O M E L I E

  

QUARESIMA E PASQUA 2004

 

   

ANNO C

 

  

A cura di Don Carlo Salvador

 

 

Campolongo di Conegliano

 

QUARESIMA  1  C  2004  (Lc 4,1-13)

Quest’anno, nella quaresima, la celebrazione dell’eucaristia festiva si apre con il rito di aspersione e un segno posto dai bambini di fianco all’altare. Oggi hanno composto il deserto. Esso è il teatro dell’esodo ricordato nella professione di fede ebraica.

Il popolo vi passò 40 anni, prima di entrare nella terra promessa; Gesù vi passò 40 giorni prima di annunciare il vangelo, nuova terra promessa. Gesù era condotto nel deserto nello Spirito; ήγετο può essere tradotto anche era preceduto, anticipato dallo Spirito.

La lotta e la vittoria su colui che divide sono la bella notizia, il vangelo annunciato in Eden

Una comunità/persona che nella tentazione vincono sono bella notizia per il mondo.

Una comunità/persona che crescono secondo il vangelo sono tentate e perseguitate.

Quanto più cresce la vita in Cristo tanto più cresce la tentazione. La passione di Gesù è il  culmine della tentazione e il culmine dell’amore, che diventa amore fino alla fine.

La tentazione ha due provenienze. Proviene da satana, che per invidia cerca di separare l’uomo da Dio, e dal peccato che agisce nell’uomo, perché siamo tutti vincolati al male.

La tentazione al male non viene da Dio. Gesù libera dal demonio e insegna a pregare il Padre: non farci entrare nella tentazione del demonio ma a liberarsi dal maligno.

La tentazione proviene anche da Dio, che in essa ci allena ad amare. La passione è voluta da Dio, è il calice che egli offre ai figli. Gesù chiede di non bere a quel calice ma insieme chiede che sia fatta la volontà del Padre, il suo disegno di amore. Egli esprime il dramma umano profondo che vorrebbe evitare ma anche il battesimo che desidera ricevere.

E’ vincendo la tentazione che si diventa santi. Notiamo che la tentazione è unica: quello che il demonio propone come male Dio lo trasforma in occasione di bene.

La stessa cosa è male nella suggestione demoniaca e diventa bene nello Spirito santo. 

Noi siamo educati a essere fedeli ai comandamenti, occorre che ci educhiamo a vivere secondo lo Spirito di Gesù, che trasforma in bene ogni tentazione. Vita spirituale.

Il tentatore fa leva sui bisogni umani immediati e sulle tendenze più radicate nel mondo.

La tentazione è presentata nel vangelo con tre binomi.

Pane, sinonimo di mangiare (vita) e di consumismo (morte). L’economia vive di questo circolo operativo: il lavoro crea beni e il consumo crea lavoro. Mt dice che l’uomo vive anche della parola di Dio; Lc non precisa. Pensiamo all’eucaristia o alla carità, come vita.

Estasi. L’uomo ha bisogno di estasi, di uscire da sé. C’è l’estasi nel potere, che chiede l’adorazione del male. Il demonio offre a Gesù il potere/gloria su tutto. C’è l’estasi del servizio, la diaconia a Dio e ai fratelli, adorazione che porta alla signoria del cielo.

Miracolo. E’ innato nell’uomo l’istinto di affermarsi con il prodigioso e il miracoloso, ma è tentare Dio, che vuole l’affermazione che si ottiene attraverso la croce.

La quaresima ci propone la vittoria nella tentazione.

Il deserto è il luogo dove essere liberi dal consumismo, dall’estasi del potere con le schiavitù che richiede, e dalla ricerca della religione dei miracoli e dei prodigi.

Il deserto rende possibili la gioia nella condivisione dei beni, nella diaconia e nella croce. Gesù cerca chi possa vegliare e pregare con lui, perché la vittoria sulla tentazione è la vittoria di Gesù in noi e della Chiesa sul mondo.

Noi nel mondo siamo migranti, venuti nel mondo per divenire figli di Dio, non integrati nel mondo, resi figli di Dio, per la vittoria sul maligno e il compiersi della volontà, degni di andare a vivere nella sua casa, il regno dei cieli.

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QUARESIMA  2  C  2004 (Lc 9,28-36)

La celebrazione di questa seconda domenica di quaresima si apre con il segno di una montagna, costruita dai bambini. Siamo invitati a salire con Gesù in alto, per partecipare nella preghiera a un evento grande. I brani biblici che abbiamo ascoltato lo rivelano.

Dio promette ad Abramo una terra e una discendenza numerosa. Abramo chiede: In che modo potrò conoscere che la erediterò? Una eredità si ha quando ci sono le condizioni.

Abramo prepara gli animali per il Signore. Avviene però qualcosa di straordinario: un’estasi cade su Abramo. έστασιν è la stessa parola usata in Gen 2: il sonno di Adamo, quando Dio crea Eva per consegnargliela come sposa, perché diventi con lui una sola carne, e in Gv 19: il sonno del Crocifisso, che Dio risveglia dalla morte per consegnargli come sposa la Chiesa. L’estasi di Abramo e di Gesù è accompagnata dalla paura tenebrosa che accompagna ogni morte, anche quella che partorisce all’alleanza eterna.

La fede vera sconvolge e fa paura, perché trasforma l’esistenza.

Alla sera, quando si fa buio fitto, Dio manda un fuoco a consumare il sacrificio. Abramo erediterà la promessa credendo in Dio che si è impegnato nel sacrificio di alleanza.

Il passaggio di Dio modifica la vita e nessuno può rifiutarlo. L’uomo può rifiutarsi ad esso, ma l’alleanza si compie lo stesso e trasforma la storia, perché è un evento divino.

Noi sappiamo che l’eredità promessa è il regno dei cieli. La prima condizione per ereditarlo è che appartenga a Dio. Dio interviene nella storia e si fa carne per assumerlo.

Assume la vita creata e la rende divina, la fa sua non in senso possessivo, perché la ha creata o perché può fare di essa quello che vuole, ma nel senso che la condivide con noi e insieme con noi la fa umana e divina, cioè una sola vita, un’alleanza.

Mosè ed Elia parlano con Gesù trasfigurato sul monte dell’esodo che stava per compiere in Gerusalemme: è la pasqua, il passaggio da questo mondo al Padre. Prima che questo intervento nella storia, voluto da Dio, si compia, Gesù lo celebra nella liturgia pasquale. La trasfigurazione è profezia della pasqua e è liturgia perché avviene mentre Gesù prega. 

Il dialogo tra Mosé, Elia e Gesù è liturgia della parola; la gloria che li avvolge è la presenza di Dio che santifica, è il Dio che passa con la sua potenza per abilitare il Figlio diletto Gesù e i suoi discepoli, chiamati a partorire l’evento divino nella storia. 

La trasfigurazione prefigura la cena pasquale.

Anche i tre discepoli invitati sul monte dovranno provare la paura; anche loro dovranno entrare nella nube. Pietro, non sapendo cosa dire di fronte alla trasfigurazione, aveva detto a Gesù: E’ bello per noi stare qui e facciamo tre tende, una per te e una per Mosè e una per Elia. Ma i discepoli devono lasciare la contemplazione di Gesù trasfigurato e entrare nella nube, sentire su di essi la voce che trasforma: Questi è il figlio mio, l’eletto.

Gesù otto giorni prima aveva detto loro: “E’ necessario che il figlio dell’uomo soffra molto e sia respinto dagli anziani e dai sommi sacerdoti e dagli scribi e sia ucciso e il terzo giorno risorga”. Aveva detto: Se qualcuno vuole venire dietro a me rinneghi se stesso e prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chiunque infatti vuole salvare la propria vita la perderà; chiunque invece perde la sua vita a causa mia la salverà.

Sul monte Dio stesso esorta ad ascoltare Gesù. La parola che Gesù aveva detto ai discepoli sulla pasqua diventa una chiamata di Dio, una missione da compiere.

In questa seconda settimana di Pasqua saliamo in alto, diamo più spazio alla preghiera in cui venire trasfigurati e venire fortificati in vista dell’ora che Dio ci chiamerà a vivere.

E’ necessaria. Senza la preghiera diventiamo come i tre discepoli che durante l’agonia di Gesù nell’orto si addormentano e durante la passione si disperdono.

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QUARESIMA  3  C   2004 (Lc 13,1-9)

Il capitolo 3 della Genesi è una pagina miliare nel cammino della salvezza.

L’angelo del Signore si fa vedere in una fiamma di fuoco dal roveto.

Mosè vede il roveto che brucia di fuoco ma non si consuma. Che un roveto bruci è esperienza, che non si consumi è una grande visione. Mosè vuole avvicinarsi e vederla.

Il roveto è segno di una cosa nota e di una novità che Mosè non può accostare: è terra santa e lui evidentemente non è santo. Dio però parla a Mosè e gli rivela una cosa che già conosce e una nuova, lo invita a fare il cammino che lo riporterà sullo stesso monte a rendere culto a Dio, cioè lo porterà a vedere quello che ora non può.

Vediamo le tre letture.

1  Io sono il Dio di tuo padre, Dio di Abramo e Dio di Isacco e Dio di Giacobbe.

Questa è la cosa nota a Mosè e al popolo: Abramo, la promessa e la fede; Isacco, la liberazione dalla morte e la speranza, Giacobbe, la lotta con Dio e la pace nell’amore.

E’ il Dio del passato, della tradizione, delle mie origini che io non posso mai smentire.

Dio ha visto l’oppressione, ha udito il grido, conosce il dolore del suo popolo.

Io sono figlio di un passato santo, di una storia con Dio fatta di fedeltà e di infedeltà.

Sono sceso a strappare dalla mano degli Egiziani e a condurre verso una terra buona.

Questa è la novità; un Dio che scende, si incarna, passa in mezzo, strappa e conduce.

E’ il Dio della lotta all’ultimo sangue, della passione, della vittoria e del trionfo.

Il dado è tratto, Dio è sceso, il suo passaggio è liberatore. Occorre che il popolo sia informato e creda, che i faraoni siano avvertiti, che i segnali siano dati chiaramente in modo che tutti si dichiarino. E’ convocazione e quasi una sfida, lotta legale, storica, cosmica: è la pasqua del Signore. Questo è il mio nome e il memoriale.

Il nome del Signore, nostra pasqua, viene rivelato, di esso verrà fatto il memoriale, l’atto cultuale che lo fa vivere per sempre, di generazioni in generazioni. Il testo ebraico suona: έσομαι οσ έσομαι, sarò chi sarò; è un nome che si rivelerà nella storia dell’esodo.

Di fronte a questo passaggio di Dio il popolo deve radunarsi, rinnovare la fede di Abramo, la speranza di Isacco e la carità di Giacobbe, rischiare la vita nell’alleanza.

2  Paolo chiama nostri padri non più Abramo, Isacco e Giacobbe ma tutti quelli che furono nella nube e nel mare, che si nutrirono del cibo e della bevanda spirituale, il Cristo presente tra loro nel mistero per accompagnarli. L’esodo ebraico è esodo cristiano.

3  Gesù chiama questo nuovo inizio conversione, vertere decisamente verso il nuovo, e dice che è decisiva: occorre convertirsi per non perire. Il passato rivive nel nuovo o si perde. Gesù dà questo annuncio attraverso tre mini parabole.

Un bagno di sangue dei Galilei che stavano offrendo i loro sacrifici, deciso da Pilato.

Segno dei delitti a carattere politico, che hanno infestato e infestano la storia, e del carattere religioso di cui l’oppressione si colora. Segno drammatico entro la nostra epoca.

La rovina di una torre che porta con sé la morte di uomini, segno delle calamità naturali, dovute alla insipienza e all’incuria dell’uomo o, come nell’inquinamento o nella genetica, di iniziative che fanno tante vittime innocenti, per la sete di guadagno o di onore.

Un fico che non fa frutti perché non è lavorato e concimato o perché cresce lontano dall’acqua che feconda. La celebrazione oggi ha il segno di un fico senza frutti.

Quest’albero può rappresentare i cristiani che, come Israele in Egitto, non conoscono il nome del Signore.  Conoscono il nome che Dio ha rivelato ai padri nel passato; sono forse custodi gelosi della tradizione, ma non conoscono il nome del Dio, nostra pasqua.

Convertirsi a questo Dio è il cammino della quaresima e della spiritualità cristiana.

Eucaristia è memoriale settimanale del passaggio di Dio e del suo nome pieno ed eterno.  Dio alleato con il popolo strappa gli uomini al divisore e li conduce alla terra buona.

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QUARESIMA  4  C  2004 (Lc 15,12-32)

Una delle belle pagine di Luca, parabola conosciuta e buona notizia mai esaurita. E’ bene ascoltarla o leggerla nel silenzio interiore e poi condividere. Ci sono tre piani d lettura.

Il piano umano presenta una famiglia disastrata: un padre sfortunato che ha due figli che non lo riconoscono; due figli tonti che hanno un padre saggio/buono e non lo sanno.

La parabola è attuale, parla alle relazioni familiari ed educative che soffrono violenza e di situazioni umane senza speranza. Che cosa dice la Parola per questi casi?

Il piano divino presenta il perdere e ritrovare la vita, il non conoscere e riconoscere Dio.

Il piano ecclesiale presenta situazioni religiose contrastanti: farisei/scribi e pubblicani, la  giustizia divenuta tradizione fissa e il perdono come creazione nuova. Il dramma sta nel vivere legati e separati, perché non si rispetta la vita: il figlio minore chiede la sua parte di beni (ουσία), ritenendoli suoi esclusivi e dopo averli sperperati pensa ai beni del padre.

Il figlio maggiore non chiede un capretto da festeggiare con gli amici e rifiuta il fratello che ha perso i beni. Per tutti due al centro ci sono i beni e non l’amore. Il padre spartisce fra i due figli la sua vita (βιόσ). Per lui i beni fanno parte della vita vissuta in condivisione.

Le tre persone sono unite tra loro da una relazione vitale e lontane per le scelte libere.

Il figlio giovane prende le cose che ritiene sue, e va lontano dal padre ed al fratello.

Il figlio maggiore vive da separato in casa, lontano dall’amore al padre e al fratello

Il padre ha solo quei due figli: vive una situazione disperata? No; in realtà c’è un altro figlio non è visibile nel racconto ma visibile a chi comprende la parabola. C’è la potenza di un amore grande. Il padre non si pensa fallito, non si agita, non investe nei figli in modo soffocante, non corre loro dietro, ma sta fermo nella verità e nella vita; è custode sicuro della vita; fa la cosa veramente saggia: mantiene aperti casa e amore, il bene. Come? Dio ha davanti a sé il Verbo: era Dio, era la vita ed era la luce degli uomini.

Quando il figlio minore si mette in cammino, non ancora pentito né convertito ma conscio di aver bisognoso dei beni del padre per non morire, il padre “si commosse e, essendo corso, cadde sopra il suo collo e lo baciò”. Questa corsa verso, questo cadere del padre nel figlio, questo abbraccio da un supplemento di amore genera di nuovo.

·         Il padre dona al figlio che ritorna la dignità del suo figlio unico/amato.

- portate la veste quella migliore e rivestitelo: è la veste di Gesù, quella del battesimo.

- date l’anello nella sua mano: è l’anello nuziale di Gesù con la Chiesa sua sposa.

- date sandali a piedi: è l’inizio del cammino nuovo dei risorti , libero e in comunione.

- portate il vitello grasso e mangiando facciamo festa: è il banchetto messianico.

Dio compie nel figlio che ritorna il salmo 2: Mio figlio sei tu, io oggi ti ho generato.

Supplemento di anima, creazione nuova, nascere dall’alto.

·         Il Padre esce e prega l’altro figlio, il popolo dell’alleanza, l’umanità della promessa.

Ormai bisogna rallegrarsi e fare festa, perché c’è stata una creazione nuova, il fratello morto è nato di nuovo e la relazione perduta è ritrovata.

Non dipende dalla conversione dell’uomo ma da Dio, da un supplemento del suo amore. L’umanità è rappresentata da due figli, uno nel cammino della libertà e l’altro nella sicurezza delle tradizioni, tutti e due lontani da Dio e tra loro.

La speranza di vita è riposta tutta nel padre, che dona la comunione con Figlio amato.

Tanti drammi della vita possono essere sanati se attingiamo a questo supplemento.

I bambini hanno portato all’altare e ai loro genitori la preghiera di confessione.

Quaresima ci educa a lasciare le divisioni e a confessare Dio e partecipare la sua festa.

Paolo ci invita a riscoprire la riconciliazione. E’ urgente lasciarci riconciliare.

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QUARESIMA  5  C  2004 (Gv 8,1-11)

Il brano del vangelo che abbiamo proclamato ha una storia singolare. Si trova nel vangelo di Gv ma non è scritto da Gv. Non faceva parte dei vangeli originali, ma si è conservato nella tradizione orale fino al IV secolo. La Chiesa antica, da una parte non inserisce il perdono all’adultera nel vangelo, perché considera l’adulterio grave peccato, dall’altra conserva questo evento di perdono. Si rivela una perla di grande valore. Racconta di scribi e farisei che conducono una donna sorpresa in adulterio e la pongono in mezzo, tra loro e Gesù. Forse tengono le pietre in mano per lapidarla. A loro però non interessa la donna e neppure l’adulterio; infatti la pena di morte per gli adulteri non era allora praticata. A loro interessa incastrare Gesù. E lo fanno in modo drammatico.

Questa volta non si tratta di una discussione ma di una vita umana. Per loro l’adultero che tradisce l’alleanza e che vogliono lapidare è Gesù. Se l’avesse condannata avrebbe contraddetto il suo insegnamento sulla misericordia di Dio; se l’avesse perdonata si sarebbe messo contro Mosé, che aveva comandato di lapidare gli adulteri. E’ un evento simile a quello del tributo da dare a Cesare (Mt 22,17). Gesù risponde con gesti e parole: si china e scrive sulla terra col dito due volte; si drizza e parla due volte. Dice: Chi di voi è senza peccato getti per primo la pietra su di lei. Teniamo presente che Gesù aveva da che fare con esperti delle Scritture. Nell’esodo era scritto che Mosè si era recato sul monte e Dio aveva scritto la legge su tavole di pietra. Mosè, sceso dal monte e visto che il popolo adorava il vitello d’oro, scagliò le pietre su di esso. Più tardi ritornò sul monte e Dio scrisse la legge la seconda volta. Allora Mosè scese, fece purificare il popolo, lesse la legge e sancì l’alleanza tra Dio e il popolo con un sacrificio solenne. Mosè sale e scende due volte, Dio scrive la legge due volte. La prima volta vince il peccato e la seconda vince la misericordia. Mentre Gesù scrive la prima volta scribi e farisei si ostinano a interrogarlo e quindi si radicano nel loro peccato di mettere a morte Gesù. Quando scrive la seconda volta essi se ne vanno. Hanno capito. Condannare è  ingiusto.

Siamo tutti peccatori e quindi dovremmo condannare a morte prima noi stessi.

E Gesù, che è senza peccato, condanna?  La Bibbia rivela la misericordia di Dio. Dio è fedele nell’amore anche se noi siamo peccatori; egli non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva; non disprezza le cose create, è amante della vita (Ez 33,11; Sap 11,26).

Questo episodio possiamo leggerlo in parallelo con le nozze di Cana.

Sono due episodi che hanno un nucleo storico: un matrimonio a Cana e un adulterio nel brano odierno, ma l’evangelista non scrive la vicenda personale degli sposi.

Nell’episodio odierno parla di Gesù e dell’adultera, posti uno di fronte all’altro.

Gesù è lo sposo tradito dall’adulterio, l’adultera è Israele infedele.

A Cana Gesù è lo sposo che assicura il vino e la festa e Maria è Israele fedele. In tutte due si manifesta la fedeltà di Dio: dà il vino buono e dice  Và e da ora non peccare più.

Per noi cristiani è possibile anche il riferimento alla Pasqua. Dio si abbassa fino a farsi peccato: il Crocifisso è la prima scrittura che Dio fa di Gesù, nuovo Adamo.

Dio si china su Gesù morto e lo risuscita, glorifica l’uomo con una vita nuova.

Il Risorto è la seconda scrittura che Dio fa di Gesù e dell’uomo, operata dal suo  amore  che perdona il peccato e rende possibile l’alleanza antica ed eterna.

Oggi bambini e ragazzi hanno preparato il segno della riconciliazione individuale.

Dio nella riconciliazione ci fa creature nuove. Lasciamoci riconciliare. La riconciliazione soffre sempre nella Chiesa ma è il sacramento che corona il cammino quaresimale.

Confessare almeno a Pasqua, si diceva. Non c’è pasqua se Dio non ci riconcilia a sé.