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                        momento no, non ci accorgiamo che il Signore stia
                        facendo una cosa nuova (cf.
                        Is. 43,19).
                        Ora che la pandemia sta allentando i suoi colpi vediamo
                        solo desolazione e macerie, in tutta la loro enormità e
                        dolore, eppure la profezia di Isaia annuncia che proprio
                        ora germoglia una novità. Da credente do fiducia a
                        questa parola, non perché la vedo realizzata ma perché
                        mi fido di Colui che l’ha detta e riconosco che una
                        parola di speranza e futuro può venire solo da chi ha
                        vinto definitivamente la morte, e della vita è amante e
                        Signore. 
                        
                         La
                        “cosa nuova” ancora non c’è, ma può essere
                        sognata, trovata nella Parola del Signore della Vita,
                        creduta e incarnata nel nostro oggi con la forza dello
                        Spirito Santo, lo stesso Spirito che nel battesimo ci ha
                        resi profeti, oltre che sacerdoti e re. Ecco, penso che
                        quello che stiamo vivendo sia il tempo favorevole per
                        tirar fuori il dono della profezia che abbiamo ricevuto
                        e fare assieme a nostro Signore la Sua “cosa nuova”.
                        Può avvenire come quando il Signore ordinò a Ezechiele
                        di profetizzare sulle ossa inaridite, e le ossa
                        ritornarono in vita (cfr. Ez. 37,1-14).
                        
                         Un
                        minuscolo virus ha tolto libertà, impedito relazioni,
                        imposto il digiuno eucaristico; ha cancellato sicurezze
                        e grandezze, ha mostrato l’umana fragilità, ha fatto
                        assomigliare il mondo ad una pianura piena di ossa, ci
                        ha distanziati gli uni dagli altri, ma non ci ha
                        separati da Cristo, anzi. Il periodo di quarantena è
                        stato un tempo propizio per recuperare o intensificare
                        la relazione con Lui, per sostare più a lungo e con
                        calma sulla Sacra Scrittura, per portare nella preghiera
                        la vita degli altri, per vestire di novità e
                        significato le cose quotidiane. 
                        
                         E
                        dentro a tutto questo la consacrazione nell’Ordo
                        Virginum mi è apparsa ancora più bella perché a
                        fondamento e a sorgente di tutto pone la relazione
                        sponsale con Cristo, una relazione che non si identifica
                        con impegni, ruoli o competenze, che può essere anche
                        privata di appuntamenti importanti come accade adesso,
                        ma che per questo non viene meno, anzi. E dalla
                        relazione germoglia sempre qualcosa di nuovo. Vogliamo
                        accorgercene.                                            
                        Rita
                        
                         
                        
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